FRANCIA, ITALIA – 2019
Parigi, gennaio del 1895. Georges Picquart (Jean Dujardin), un ufficiale dell’esercito francese, presenzia alla pubblica condanna e all’umiliante degradazione inflitta ad Alfred Dreyfus (Louis Garrel), un capitano ebreo, accusato di essere stato un informatore dei nemici tedeschi. Al disonore e alla condanna segue il confinamento del “traditore” sull’isola del Diavolo, nella Guyana francese. Il caso sembra archiviato. Picquart guadagna la promozione a capo della Sezione di statistica, la stessa unità del controspionaggio militare che aveva montato le accuse contro Dreyfus. Ed è allora che si accorge che il passaggio di informazioni al nemico non si è ancora arrestato. E se Dreyfus fosse stato condannato ingiustamente? E se fosse la vittima di un piano ordito proprio da alcuni militari del controspionaggio? Questi interrogativi affollano la mente di Picquart, ormai determinato a scoprire la verità anche a costo di diventare un bersaglio o una figura scomoda per i suoi stessi superiori.
Regia: Roman Polanski
Attori: Jean Dujardin– Ten. Col.Marie Georges Picquart, Louis Garrel– Alfred Dreyfus, Emmanuelle Seigner – Pauline Monnier, Grégory Gadebois – Magg. Hubert – Joseph Henry, Hervé Pierre – Gen. Charles-Arthur Gonse, Didier Sandre – Gen. Raoul Le Mouton de Boisdeffre, Wladimir Yordanoff– Gen. Auguste Mercier, Mathieu Amalric – Alphonse Bertillon, Damien Bonnard – Jean-Alfred Desvernine, Eric Ruf – Col. Jean Sandherr, Laurent Stocker – Generale Georges De Pellieux, Michel Vuillermoz – Col. Armand du Paty de Clam, Vincent Grass– Gen. Jean-Baptiste Billot, Denis Podalydes – Edgar Demange, Vincent Perez– Louis Leblois, Melvil Poupaud – Fernand Labori, Laurent Natrella– Ferdinand Walsin Esterhazy, Nicolas Bridet– Mathieu Dreyfus, André Marcon – Émile Zola
Soggetto: Robert Harris (II) – (romanzo)
Sceneggiatura: Robert Harris (II), Roman Polanski
Fotografia: Pawel Edelman
Musiche: Alexandre Desplat
Montaggio: Hervé de Luze
Scenografia: Jean Rabasse
Arredamento: Philippe Cord’homme
Costumi: Pascaline Chavanne
Effetti: Yves Domenjoud
Durata: 126′Colore: Genere: DRAMMATICO, STORICO
Tratto da: romanzo “L’ ufficiale e la spia” di Robert Harris (ed. Mondadori)
NOTE
– LEONE D’ARGENTO – GRAN PREMIO DELLA GIURIA, PREMIO FIPRESCI, PREMIO GREEN DROP (2019), PREMIO CESAR PER MIGLIOR REGISTA, MIGLIORE ADATTAMENTO E MIGLIORI COSTUMI (2020)- CANDIDATO DAVID DONATELLO 2020 PER: MIGLIOR FILM STRANIERO.
NOTA CRITICA– INFORMATIVA
“L’atto che io compio non è che un mezzo rivoluzionario per accelerare l’esplosione della verità e della giustizia”
Emile Zola – “J’accuse” pubblicato sul giornale socialista L’Aurore il 13 gennaio 1898
L’ufficiale e la spia di RomanPolanski ricostruisce l’affaire Dreyfus, uno dei casi giudiziari più noti e forieri di effetti politici nella storia della Francia e dell’Europa. L’affaire Dreyfus, ovvero l’accusa di alto tradimento nei confronti di un capitano ebreo dell’esercito francese, scoppia durante la Belle Époque, un periodo compreso tra la fine dell’Ottocento e l’inizio della I Guerra mondiale. È questa un’epoca ricca di contraddizioni che registra oltre ai tanti progressi nel campo delle comunicazioni, della scienza, delle arti (nascita del cinema e affermazione dell’impressionismo) anche la diffusione del nazionalismo, del colonialismo e del razzismo. Con L’ufficiale e la spia, Polanski racconta una vicenda del passato con lo sguardo rivolto al presente. Infatti i temi che stanno al centro del film sono quelli che oggi risaltano sulle prime pagine dei giornali: razzismo e antisemitismo, teorie del complotto, caccia alle streghe, uso strumentale dell’apparato giudiziario. Ispirata fedelmente all’illustrazione di Henri Meyer per “Le petit journal”, il film si apre con una maestosa e impeccabile sequenza inziale in campo lungo, dove si assiste alla degradazione di Dreyfus (Louis Garrel), che ha luogo il 5 gennaio del 1895 nel cortile dell’École Militaire di Parigi. Oltre la cancellata, la folla invoca la morte dell’ebreo. Tremende parole, allora imperanti nella Terza Repubblica travolta dagli scandali e dalla corruzione e percorsa da un antisemitismo religioso ed economico dilagante in tutti gli strati sociali. Il segno più chiaro di questa nefasta realtà è il successo del libro “La Francia ebraica” di Edouard Drumont, deputato cattolico-repubblicano e fondatore della Lega Antisemitica in Francia, e la diffusione delle idee di intellettuali come Fourier e Proudhon vicini all’ideologia socialista che identificano gli ebrei come parassiti e beneficiari delle ingiustizie sociali della società borghese. Ritornando al film, alla umiliante degradazione di Dreyfus assiste l’ufficiale Georges Picquart (Jean Dujardin), il vero protagonista della pellicola. Egli non è immune dal pregiudizio antiebraico, e lo si capisce dal commento velenoso su Dreyfus («ha la faccia di un sarto ebreo che piange l’oro che non ha più») che, rigidamente sull’attenti, proclama la sua innocenza. Picquart, diventato nel frattempo responsabile del controspionaggio militare, si rende conto, spulciando tra carte e documenti, della inattendibilità delle prove a carico di Alfred Dreyfus. Fedele ad una nobile concezione dell’istituzione militare e mosso dalla ricerca della verità e della giustizia, rischiando la propria carriera e persino la libertà, finirà per guidare, insieme a Emile Zola, la campagna politica e culturale per la liberazione di Dreyfus. Il film, incisivo e vigoroso, diretto con grande eleganza da Polanski, si occupa della verità e della sua rappresentazione, della manipolazione delle informazioni e del pensiero dell’opinione pubblica da parte del potere, in questo caso militare, e trova un immediato collegamento con l’oggi, con le sfide della società contemporanea. Polanski ci rammenta, attraverso la figura di Picquart, come siano fondamentali uomini che siano capaci di andare al di là dei propri pregiudizi quando si trovano di fronte a un’ingiustizia palese che si cerca di non far emergere. Uno degli elementi più affascinanti del film è la ricostruzione della Francia di fine Ottocento, assolutamente ineccepibile, non solo sul piano dei costumi e delle scenografie, o nei rinvii figurativi alla pittura impressionista (da Manet a Caillebotte, a Pissarro, a Toulouse Lautrec), ma anche dal punto di vista della storia culturale e della mentalità (si pensi al duello fra Picquart e il maggiore Henry). L’ufficiale e la spia si sviluppa in uno stile sobrio, quasi classico, senza cadute di tensione, con dialoghi tesi e battute sprezzanti e taglienti; la fotografia di Pawel Edelman, attraverso toni grigi e neri, rende cupi e claustrofobici gli appartamenti parigini e le stanze polverose dei servizi segreti.Grande interpretazione di Jean Dujardin, intenso ed enigmatico, e di tutto il cast, con una nota particolare per tutti i caratteristi della Comédie Française, che interpretano il volto di quel potere militare pervaso di antiebraismo religioso nonché fondato su pseudoscientifiche teorie razziste.
Mimmo Gagliostro – 3 febbraio 2021