Me’Shell NdegéOcello

Michelle Lynn Johnson è nata in Germania alla fine degli anni ’60 dove suo padre, sassofonista, suonava nella banda dell’esercito USA. Cresciuta negli Stati Uniti – tra Washinton e New York – è meglio conosciuta come Me’Shell NdegéOcello, che in lingua swaili vuol dire “libera come un uccello”. Sin da piccolissima dimostra una particolarissima predisposizione verso la musica, tanto da dividere il proprio tempo tra l’impegno scolastico – stiamo parlando dell’asilo! – ed il suono; passione che approfondirà con gli studi musicali tra la Duke Ellington School of the Arts e la Howard University. Me’Shell, cantante e bassista, esce dall’anonimato negli States nel 1994 grazie al palato fine di Madonna e della sua Maverick Records che le offrono il primo contratto discografico; da allora ha collezionato 12 album oltre ad una lunghissima lista di collaborazioni con grandissimi musicisti, tra i quali figurano personaggi del calibro di Prince, Lenny Kravitz, John Mellencamp, Rolling Stones, Alanis Morissette, Herbie Hancock, Marcus Miller, Chaka Khan, Steve Coleman e tanti altri ancora!  I suoi dischi sono una perfetta sintesi dei più svariati generi musicali; con genialità e ricercatezza riesce a districarsi tra funk, soul, hip hop, reggae, R&B, rock e jazz, in un mix che va da Miles Davis ad Erykah Badu e che alcune volte diventa psichedelia pura. Il suo virtuosismo, soprattutto al basso elettrico, si apprezza nelle sue performance live, dove passa con estrema naturalezza, dal basso alle tastiere, ed ultimamente anche alla chitarra, il tutto mentre canta o rappa con voce calda. La sua bravura di polistrumentista diventa vero e proprio virtuosismo col basso elettrico; il suo stile originale, intellettuale, moderno ed a tratti sofisticato si mescola in modo magnifico nelle sue canzoni, dove la cultura africana e quella americana si fondono, con elegante sensibilità, toccando temi della vita, della morte, dell’amore, evidenziandone l’orgoglio nero e gay. Me’Shell è un personaggio silenzioso, preferisce parlare con la sua musica, di cui è profondamente innamorata; amore infinito che lei sintetizza così: “La musica è un amante al quale non posso negarmi, ma con cui finisco per andare sempre a letto. Con la musica mi libero di me stessa”.

Nel 1993 esce il suo primo album, Plantation Lullabies per la Maverick Records, che le frutta la prima delle 10 nomination ai Grammy Award come miglior album R&B, migliore voce femminile e migliore canzone per il singolo “If That’s Your Boyfriend”, grazie al quale si fa conoscere al grande pubblico. L’album d’esordio è seguito, tre anni dopo e sempre per la stessa casa discografica, da Peace Beyond Passion, ispirato dalla poesia di Kahlil Gibran, dove tra i tanti musicisti troviamo anche l’inconfondibile chitarra di David Torn; i primi due dischi la faranno già diventare uno dei personaggi più coccolati dai critici newyorkesi. Il terzo album Bitter esce nel 1999 ed è un disco completamente diverso per sonorità e ritmo, che si allontana dal funk ascoltato nei precedenti lavori, forse meno commerciale, ma ricco di pathos e rarefazione; basta ascoltare brani come la suadente “Faithful”, “Fool of Me” e la stessa “Bitter” per capire di cosa stiamo parlando. Nel 2002 l’artista si ripropone all’attenzione della critica e del grande pubblico con l’album Cookie: The Anthropological Mixtape, penultimo lavoro realizzato con la casa discografica che per prima ha creduto in lei; disco impreziosito da collaborazioni importanti e di prestigio: in “Hot Night” la vediamo rappare con Talib Kweli, in “Akel Dama” il suo profondo groove interagisce con la voce di Gil Scott-Heron. Condivido, anche in questo caso, la scelta della giuria americana che conferisce la nomination ai Grammy del 2003 come miglior album R&B. Con la pubblicazione di Comfort Woman (2003) si interrompe il fortunato rapporto con la Maverick Records. Complessivamente ci troviamo di fronte all’ennesimo splendido lavoro e una menzione particolare va fatta per l’ottima intuizione avuta in “Liliquoi Moon”, dove l’esplosiva chitarra di Doyle Bramhall conclude a sorpresa un brano estremamente dilatato e riflessivo. Nel 2005 Me’Shell registra tra gli States e la Francia The Spirit Music Jamia: Dance of the Infidel, pubblicato dalla Universal francese, primo lavoro interamente jazz e da molti considerato il vero manifesto della musica afro-americana del XXI secolo; in questo nuovo progetto la questione testuale non è preponderante, sono cantati solo tre brani su otto, e la voce è affidata alla giovane Sabina Sciubba dei Brazilian Girls, molto eterea in “Aquarium”, a Cassandra Wilson in “The Chosen” ed a Lalah Hathaway che chiude il disco con “Heaven”. In questo lavoro l’artista si mette spesso da parte, rendendo fluida la propria presenza e lasciando che l’energia metta in connessione tutti i musicisti; i nomi coinvolti sono davvero ragguardevoli, da Kenny Garrett all’ottimo pianoforte di Michael Cain, da Brandon Ross e Jack DeJohnette, da Wallace Roney ai “figli d’arte” Matt Garrison – che divide con Me’Shell l’onere di sostenere le trame di basso – Gene Lake, Oran Coltrane, Oliver Lake e Don Byron! Me’Shell dirà: “La mia intenzione era quella di creare una musica che permettesse al musicista di interpretare e al tempo stesso di esprimere sé stesso. In questo disco l’individualità di ciascun interprete è quello che mi ha attirato a loro e di questo sono grata a ognuno! “. The World Has Made Me the Man of My Dreams esce nell’agosto del 2007, un album virato al rock, a volte più canonico, come in “Evolution”, a volte davvero acido e distorto, basti pensare ad “Article 3”. A completare la sua irrequietezza estetica ci pensa Devil’s Halo, disco uscito alla fine del 2009 per la Mercer Street. L’album è stato registrato interamente con strumentazione live – il che ha contribuito a conferire un suono particolarmente organico – a Los Angeles da S. Husky Hoskulds, con diverse sessioni tra il 2008 e il 2009. Per questo lavoro artistico, Me’Shell è stata ottimamente coadiuvata e sostenuta dal chitarrista Chris Bruce, da Deantoni Parks alla batteria, dal tastierista Keefus Ciancia e con le apparizioni di Oren Bloedow e Lisa Germano. “Slaughter” apre il disco e Me’Shell canta lentamente, dolcemente e senza ironia: “She said she loved me/I ran away/ Don’t say you love me/I’ll run away…” (Ha detto che mi amava / sono scappata / non dire che mi ami / scapperò via); principalmente le liriche dell’album parlano del tradimento in amore e i suoi effetti. “Mass Transit” è un po’ più aggressiva per quanto riguarda la chitarra di Bruce, mentre la bassline di Me’Shell offre una lettura alternativa sia ritmica che melodica. “White Girl” può essere considerata la canzone più pop mai scritta dall’artista, notevolmente impreziosita dalla linea saggiamente dub del basso, dove le voci sono fumose ed ellittiche e volutamente allungate. La title-track è quasi interamente strumentale, struggente, con Me’Shell che gioca con le armoniche del suo basso appena sotto una minimale cassa-rullante a firmare il tempo. Particolarmente apprezzate dal sottoscritto sono “Bright Shiny Morning”, con la sua incalzante ritmica, e “Blood On The Curb” con la sua chitarra molto “british” di fine anni ’80. Il 15 novembre 2011 per l’etichetta Naïve esce Weather il nono album di Me’Shell, prodotto da Joe Henry, seguito a due anni di distanza da Pour une âme souveraine: a dedication to Nina Simone.  Il 12 aprile 2013, nella sala Sinopoli dell’Auditorium Parco Della Musica di Roma, ho il piacere di ascoltare, con l’ottima compagnia di mia figlia Giorgia, la bassista tedesca per la presentazione dal vivo del disco,registrato a Los Angeles come tributo all’icona afro-americana con il trio di musicisti che l’accompagnano anche sul palco: il chitarrista Chris Bruce, il tastierista Jebin Bruni ed il batterista Deantoni Parks. Nel 2014 viene pubblicato Comet, come to me,undicesimo album della sua carriera composto da brani inediti, definito dalla stessa Me’Shell come una sorta di “summa” dei suoi precedenti lavori, nel quale ospita alcuni amici e colleghi musicisti come Shara Worden (My Brightest Diamond), Doyle Bramhall e Jonathan Wilson. Il 16 marzo del 2018 esce Ventriloquism un disco tra jazz ed R&B interamente dedicato a brani degli anni ’80 e ’90, co-prodotto con Jebin Brumi, nel quale l’artista decostruisce e riconcettualizza i brani scelti, dando un’impronta chiara e profondamente intima in tutto il disco. Il decennio black parte dal 1982 con “Atomic Dog 2017” – brano di George Clinton scritto insieme a David Lee Spradley – e si chiude nel 1995 con “Waterfalls” delle TLC. L’album inizia con una cover di “I Wonder If I Take You Home” di Lisa Lisa e Cult Jam: si capisce immediatamente come la NdegéOcello è in grado di catturare l’essenza grezza dei testi e ad aprirli a significati completamente nuovi. Poi troviamo la tranquilla e suadente versione di “Nite And Day” di Al B. Sure!, dove il ritornello – “Posso dirti cosa provo per te notte e giorno” – si trasforma da battuta civettuola in ode gentile. Un effetto simile si ottiene con “Tender Love” dei Force MD, che Me’Shell reimmagina come una ballata country. In “Sometimes It Snows In April”, tributo straziante a Prince, la performance vocale diventa più dinamica con un arrangiamento avvolgente ed etereo, mentre in “Private Dancer” – canzone interpretata da Tina Turner e scritta da Mark Knopfler – usa la sua voce affannosa per far uscire tutto il dolore del narratore per una donna il cui corpo è mercificato e controllato da uomini. Il disco si chiude con un brano immortale di Sade, “Smooth Operator” completamente modernizzato con l’uso di synth con bassi lunatici e moltissimo riverbero. Ventriloquism è stato nominato come Best Urban Contemporary Album ai Grammy Awards 2018 ed una parte dei profitti del disco è devoluta all’American Civil Liberties Union. Mi accodo in maniera convinta all’acclamazione universale tributata da parte dei critici musicali americani alla nostra Me’Shell, e non mi resta che ringraziare l’amico e musicista Cristoforo Bovi per avermela segnalata tanti anni or sono.

Francesco Braganò

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