Ci vorrebbe un libro per catalogare e descrivere tutti i condizionamenti che il voto subisce a Palmi e nel meridione in generale. Certamente il voto familistico è uno di questi. Esiste anche la complicità massonica, il ricatto mafioso oltre a quello imprenditoriale e a quello professionale, ecc. L’ignoranza dei propri diritti, il bisogno, il mantenimento di uno status quo che protegga molti dall’incubo, per ora solo sognato, di ritrovarsi nudi in mezzo alla folla.
Secondo me tutto scaturisce dalla nostra condizione di sudditi e non di cittadini. Che la cosa sia vera o presunta, imposta o voluta è una problematica tutta da analizzare. Certamente l’assoluta inefficienza dello stato nelle sue varie componenti (giustizia, sanità, difesa dei cittadini dalle angherie e dal malaffare, rispetto dei diritti sanciti dalle leggi, ecc.) ti spinge ad abbandonare “la libera professione di cittadino” e ad andare sotto padrone. Il minimo che lo stato dovrebbe garantirti speri di ottenerlo dal padrone. Oltre a questa componente, di tutta evidenza almeno nel meridione d’Italia, ce n’è un’altra molto più subdola e dai contorni molto sfumati. Lo stato di sudditanza, alla fine, conviene. Ti deresponsabilizza in toto, le colpe non sono mai tue ma di altri. Ti giustifica su tutto. Puoi “moralmente” rubare visto che lo fanno regolarmente tutti quelli che comandano. Puoi moralmente, con le stesse giustificazioni, evadere le tasse, imbrogliare, usurpare i diritti del vicino,ecc ecc. Il “mondo” non è di tutti ma solo dei forti e dei furbi e quindi o lo sei di tuo, o ti “sudditizzi” con chi lo è. Questa descritta è sicuramente una posizione di “comodo” da usare come pezza giustificativa alla bisogna. Ma a ben vedere un fondo di verità e di giustificazione morale c’è. Il contratto sociale della convivenza democratica può considerarsi sciolto vista la pressoché totale inadempienza di una delle parti. La cosa è tenuta in piedi, pur traballando molto, non dai doveri verso il patto sociale, di cui sopra, ma solo da quelli verso la nostra morale personale. Si potrebbe obbiettare che lo stato siamo noi e che, esso, altro non è che lo specchio dei nostri vizi e delle poche virtù. Io dico che lo stato saremo noi quando saremo liberi di agire e votare essendo finalmente affrancati dalle tante paure e soddisfatti nei bisogni primari.
L’essere un cittadino vuole dire avere dei diritti e dei doveri, bilanciati in modo tale che la vita di tutti abbia comunque uno standard sostenibile. Situazione accettabilissima se condivisa dai più, in modo che la minoranza “furba” sia associata alle patrie galere o posta in condizioni di non nuocere. Condizione praticamente insostenibile se i furbi ed il loro esercito di sudditi sono la maggioranza. Presupposto, quest’ultimo, aggravato da coloro che non frequentano i seggi elettorali perché politicamente atei o agnostici, o “igienisti” che non si vogliono sporcare e contaminare.
Per quanto detto, è persa in partenza la battaglia del Circolo Armino e di Pino Ippolito per dimostrare ed attuare il progetto di una Palmi “diversa”?! No!! Abbiamo convinto tantissime persone della giustezza delle nostre idee e delle nostre battaglie, oltre che della capacità dei nostri candidati di attuarle. Forse basteranno a “vincere” o forse no!?
L’undici ed il venticinque giugno non segnano comunque la fine del mondo. Qualunque sia il risultato del voto, dopo, noi del Circolo Armino ci saremo ancora! A fare il nostro dovere o dentro Palazzo San Nicola o fuori.
Palmi 21/5/2017 – Gustavo Forca