La montagna a picco sul mare, quasi un piccolo braccio laterale d’Aspromonte, chiude a nord-est lo stretto di Messina ed è conosciuta sin da tempi remoti come Salinas, poi Aulinas ed infine come Sant’Elia, in onore del monaco di Enna che dimorando per l’ultima parte della sua vita qui fondò un monastero ed una chiesa. Cantato da Leonida Repaci, esaltato da Luigi Parpagliolo, è il “balcone sul Tirreno” più conosciuto della provincia reggina, meta di escursioni fuori porta da tutta la Calabria. Dalla sua cima si può ammirare un amplissimo panorama, dal Capo Vaticano all’Etna, ed è possibile specchiarsi in un vasto tratto di mare dove galleggiano altere le isole Eolie. Più volte al centro di progetti, sempre trionfalmente annunciati e mai realizzati, il Sant’Elia è oggi il simbolo più evidente ed al tempo stesso più struggente del nostro degrado.
Gli alberi dei suoi boschi sono divenuti legname da espropriare con sicura protervia e tranquilla arroganza. Sono, infatti, ormai molte decine gli alberi di alto fusto, soprattutto abeti ed eucalipti, strappati via da mano tanto anonima quanto rapace, mentre a nulla è valsa la denuncia di un cittadino coraggioso ed a nulla i nostri appelli all’amministrazione comunale perchè intervenisse per bloccare l’abuso.
Il saccheggio prosegue indisturbato nell’indifferenza di chi dovrebbe porvi rimedio. Qualche anno fa altre mani, altrettanto anonime, avevano appiccato il fuoco in pineta distruggendo piante anche secolari e lasciando traccia della loro stupida follia sul tronco annerito di maestosi pini e di meravigliose querce. Sotto le splendide pinete giacciono rifiuti abbandonati da sventati visitatori e la mano dei vandali si è prodigata nella distruzione delle aree pic-nic e del monumento al filosofo Domenico Antonio Cardone: uno stupro insensato da parte di chi avrebbe, viceversa, ogni interesse alla conservazione di luoghi che tornerà a visitare e dei quali vorrà ancora godere. Amministrazioni palesemente inette non sono state in grado di accedere ai fondi europei e neppure di concorrere alle poche risorse messe a disposizione dalla Regione Calabria, come abbiamo denunciato nel numero di gennaio.
Così il belvedere sotto le tre croci è chiuso da anni, minacciato ed in parte danneggiato da antiche frane, anche se di recente sono stati annunciati lavori di consolidamento del costone Marinella che dovrebbero permetterne nuovamente l’agibilità. I sentieri che viaggiano superbi lungo la Costa Viola, dominando dall’alto le spiagge di Marinella e di Cala Janculla, e che potrebbero da soli attirare un importante flusso turistico, sono ancora solo il sogno di una sparuta pattuglia di visionari ai quali volentieri ci iscriviamo. Quassù, a 600 metri sul mare della Costa Viola, si incontrano e si fondono insieme le cause più autentiche del nostro malessere: la pochezza della classe dirigente, la debolezza della nostra coscienza civica, il rifiuto della legge che diventa delinquenza e ‘ndrangheta.
Palmi 14 maggio 2014 – Pino Ippolito Armino
(articolo pubblicato sul mensile del circolo, “Azione Metropolitana” di marzo – viene ripubblicato sul sito per permettere ai nostri lettori di esprimere un proprio parere)