PSC- Partecipare: un diritto negato

La città del futuro ha bisogno di regole e percorsi che favoriscano effettive e trasparenti pratiche di democrazia partecipata, per individuare i problemi e trovare le soluzioni.

Trasparenza e partecipazione sono i principi guida su cui fondare il governo della città e bisogna continuamente vigilare affinché non rimangano termini vuoti e puramente retorici.

Per consentire alla cittadinanza di contare nelle scelte che la riguardano, trasparenza e partecipazione devono realmente contrapporsi alla delega e all’opacità nei processi decisionali.

Le modalità di attuazione consistono in percorsi partecipativi basati su una corretta e piena informazione relativa alle scelte che vengono fatte; in momenti di reale partecipazione dal basso, accuratamente progettati e condotti, il cui esito venga assunto dall’Amministrazione; nell’istituzione di referendum propositivi e abrogativi; nell’attuazione del bilancio comunale partecipato.

La reale partecipazione dei cittadini ai processi di riqualificazione e sviluppo urbanistico è fondamentale per migliorare le trasformazioni della città e la qualità della vita degli abitanti.

Le scelte conseguite in maniera condivisa accrescono l’efficacia degli interventi realizzati, oltre a salvaguardare l’unicità, l’identità anche storico-culturale, le bellezze del territorio e le caratteristiche ambientali dei luoghi in cui gli stessi cittadini vivono.

Il nostro territorio è stato vittima della cementificazione selvaggia portata avanti negli ultimi decenni, dell’abusivismo, di condoni continui, dell’arretratezza degli strumenti urbanistici disponibili e di una edilizia finalizzata solo al lucro ed alla rendita.

Bisogna progettare una nuova idea di città che riqualifichi l’urbanistica presente e tuteli i beni artistici, culturali e naturalistici, attenta alla riduzione degli sprechi e ad una migliore efficienza energetica.

E’ necessario dire basta ad una ulteriore cementificazione della nostra città che mostra i segni di una chiara aggressione del territorio, aggravata anche dall’assenza protrattasi per lungo tempo di un piano urbanistico generale che ne regolasse gli equilibri.

La nuova strada da percorrere è quella della riqualificazione, del recupero dell’esistente con materiali ecosostenibili, dell’innovazione tecnologica in edilizia, sia sul fronte progettuale che costruttivo, per diminuire le spese di gestione delle case e rendere più belli e funzionali i quartieri, favorendo l’abbattimento delle barriere architettoniche e l’aggregazione sociale.

La Regione Calabria, con la Legge Urbanistica 16 aprile 2002 n. 19 e con le modifiche ed integrazioni che dal 2002 ad oggi sono state ad essa apportate, ha posto le basi per una diversa gestione del territorio legando le scelte urbanistiche ad un reale sviluppo economico della società.

L’entrata in vigore delle Linee Guida della Pianificazione, introdotte dalla Delibera del Consiglio Regionale n. 106/2006, ha di fatto segnato una svolta storica nel settore dell’urbanistica calabrese dettando gli indirizzi per la redazione dei nuovi strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale ed avviando di fatto l’attuazione della L.U.R. (Legge Urbanistica Regionale).

Gli strumenti di pianificazione comunali secondo la L.U.R. calabrese sono il Piano Strutturale Comunale (P.S.C.), il Piano Strutturale in forma Associata (P.S.A.), il Regolamento Edilizio Urbanistico (R.E.U.), il Piano Operativo Temporale (P.O.T.), i Piani Attuativi Unitari (P.A.U.), i vari Programmi di pianificazione negoziata.

Si tratta di una svolta metodologica e culturale significativa che introduce un nuovo, diverso e rivoluzionario sistema di programmare la pianificazione e la gestione del territorio che pone fine a non poche criticità e sperequazioni determinate dalle scelte effettuate mediante lo zoning dal vecchio PRG, che si sostanziavano in nuove aree di espansione edilizia che assegnavano con molto discrimine dei diritti edificatori, spesso condizionanti per uno sviluppo armonico del territorio.

I principi generali ispiratori della nuova politica di governo del territorio sono: la sostenibilità – la partecipazione – la sussidiarietà – la concertazione – la condivisione – l’identità – il territorio – il paesaggio – il recupero – la tutela – la conservazione e riqualificazione.

Una nuova politica, quindi, che per generare gli effetti attesi necessita di un impegno crescente non solo da parte degli amministratori e delle istituzioni locali, ma soprattutto, da parte dei cittadini e dei professionisti del settore che da subito sono chiamati ad aggiornare e rinnovare il loro bagaglio culturale-professionale verso le nuove procedure quali: la partecipazione, la concertazione, la conferenza di pianificazione, la valutazione ambientale; verso nuovi strumenti quali: i piani strutturali, i piani strategici, la perequazione, i piani d’ambito; verso nuovi obiettivi: quali il recupero del paesaggio e del territorio, il recupero edilizio e urbano, la sostenibilità, l’equilibrio e la qualità.

Dopo circa dodici anni dalla introduzione del PSC come strumento di pianificazione e di governo del territorio è possibile tracciare un giudizio positivo della riforma urbanistica in quanto, nonostante i pochi Piani giunti a compimento, tutta la fase dell’elaborazione sta producendo già risultati concreti nella mentalità collettiva della gestione territoriale.

In particolare in questa fase si possono enucleare le seguenti tendenze positive:

– Partecipazione (la maggior parte dei Comuni ha avviato azioni di partecipazione) –

– Ridimensionamento delle previsioni di Piano e minor consumo suolo –

– Predisposizione di strategie complessive di sviluppo economico –

– Strategie di conservazione dell’ambiente –

Nonostante queste positività non si possono tacere alcune propulsioni sia tecniche e sia politiche che spingono verso lo scenario del “tutto cambia per non cambiare nulla”, ovvero, la mera reiterazione del vecchio PRG a cui si cambia il solo nome.

Ma di tali virtuosismi avremo modo di occuparci più approfonditamente in seguito.

Fatto è che la Legge Urbanistica della Calabria è vigente e di essa dobbiamo occuparci perché la sua attualità non venga mortificata, perché la cultura innovativa che essa sottende divenga patrimonio diffuso, perché essa generi indirizzi ed elimini incertezze ed ambiguità.

Il PSC, che si presenta come la combinazione di tre parti distinte ma strettamente interrelate quali le conoscenze, lo statuto del territorio e le strategie, non può che essere un piano aperto e, quindi, non è un prodotto finale immutabile, di conseguenza non può essere uno strumento elaborato a tavolino dal R.U.P. e dai suoi Consulenti o prodotto dai soli decisori economici ma deve essere il risultato di un processo basato su una reale partecipazione e condivisione da tutti gli attori pubblici e privati, responsabilizzati sulla consapevolezza che solo lo sviluppo dell’intera comunità può garantire lo sviluppo individuale.

Tra gli obiettivi principali del PSC con annesso RUE sono auspicabili un forte contenimento del consumo di suolo, la valorizzazione e la tutela del territorio rurale, la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente (norme e/o strumenti che promuovano la effettiva rigenerazione urbana per migliorare la qualità della vita – disciplinino la demolizione, la ricostruzione, la realizzazione di alloggi di rotazione ed il cambio di destinazione d’uso – consentano compensazioni, trasportabilità e perequazione fiscale), il rispetto dell’ambiente, le politiche e le strategie per incentivare l’utilizzo delle energie rinnovabili.

E’ evidente che la Legge Urbanistica Regionale, assegnando un ruolo importante ed essenziale all’Istituto della Partecipazione, ha è scelto di basare le scelte pianificatorie su percorsi di democrazia partecipata.

All’amministrazione procedente viene richiesto espressamente dalla legge (artt. 1 e 2 LUR 19/2002 e s.m.i.) di dare conto del percorso fatto, in termini di partecipazione, informazione e comunicazione, nelle varie fasi di elaborazione del piano o programma.

Mentre in passato l’azione amministrativa si basava sul presupposto dell’autorità, oggi si richiede un costante rinnovo della rappresentatività delle istituzioni attraverso una validazione pubblica delle scelte collettive.

La partecipazione, pertanto, è diventata un vero e proprio “principio democratico”, o “modus agendi”, che caratterizza il nuovo modo di concepire l’azione pubblica nella pianificazione del proprio territorio mediante il PSC ed i successivi atti di governo del territorio.

Dalla lettura, analisi e studio di molteplici pratiche partecipative, che ‘regolano’ e ‘reggono’ il nuovo rapporto pubblico/privato, nonché da lettura e analisi anche della letteratura di riferimento appaiono costantemente richiamate tre fasi o, meglio, tre diverse modalità di intendere la partecipazione, secondo una modalità crescente di coinvolgimento:

• Informazione, quale primo livello della partecipazione, finalizzato a mettere a disposizione dei cittadini notizie e documentazioni capaci di illustrare le caratteristiche essenziali di programmi e progetti e consentire un coinvolgimento più consapevole durante le successive fasi.

• Consultazione, quale fase nella quale i cittadini possono proporre, condividere e discutere, insieme ai rappresentanti istituzionali, proposte e suggerimenti riguardanti l’intervento di trasformazione urbana.

• Partecipazione quale coinvolgimento più forte degli abitanti nei processi decisionali, che comprende diverse attività e incontri, con l’obiettivo di progettare insieme le trasformazioni del territorio a partire dai suoi problemi e dalle sue risorse, e si sviluppa attraverso incontri mirati quali focus group, workshop e gruppi di lavoro, quali sedi nelle quali possono essere decise in maniera condivisa, ad esempio, le trasformazioni urbanistiche ed edilizie, la creazione e localizzazione di nuovi servizi e funzioni per il quartiere, la realizzazione di azioni di sviluppo economico, di animazione sociale e culturale, di riqualificazione ambientale.

E’ evidente che, letta sotto questo profilo, la partecipazione di cui qui si tratta è altra cosa rispetto al coinvolgimento degli operatori economici nei processi di trasformazione urbana, comunemente definito come concertazione, e tanto meno questa partecipazione ha a che vedere con la co-pianificazione, che coinvolge gli enti titolari di competenze nel campo della tutela e della trasformazione del territorio.

In conclusione, è auspicabile, oltre che dovuto, che il Comune di Palmi, che ha avviato da tempo il processo per la costruzione del Piano Strutturale, opti per un vero e proprio percorso partecipativo nel quale i cittadini siano chiamati a dare il proprio contributo alla definizione delle scelte urbanistiche e delle politiche di sviluppo e governo del territorio comunale.

Al contrario oggi assistiamo ad un vero e proprio “imboscamento” del Piano e delle procedure che vanificano del tutto il possibile e dovuto coinvolgimento dei cittadini e la loro conoscenza.

Si rende necessario ed improcrastinabile avviare azioni a tutela di un diritto negato affinchè l’Amministrazione proceda a rendere noti, nei modi e nei tempi più esaustivi e celeri, gli atti tecnico-amministrativi prodotti sia nelle fasi di pianificazione che, successivamente, in quelle di gestione.

Altra grande assente, sia dal dibattito tecnico e sia dalla reale applicazione nelle fasi della pianificazione, pare sia la Perequazione (verificare è d’obbligo), che persegue l’equa distribuzione dei diritti edificatori e degli oneri derivanti per la realizzazione di opere pubbliche quali scuole, parchi, strade, parcheggi, in pratica, chi ha un vantaggio dall’edificazione, ha anche l’obbligo di contribuire alla realizzazione della cosiddetta “città pubblica”.

La perequazione urbanistica tende all’uguale trattamento di tutti i soggetti che, a vario titolo, sono chiamati in gioco dalle disposizioni urbanistiche, attraverso l’equa ripartizione degli oneri e dei vantaggi che derivano da queste scelte.

Si tratta di uno strumento innovativo nella gestione degli interventi sulla città e sul territorio, che offre la possibilità di superare diversi limiti delle procedure “canoniche” di attuazione delle scelte urbanistiche basate sull’espropriazione per pubblica utilità.

Sembra esserci una rassegnazione tacita che l’Istituto della Perequazione non possa e non debba essere applicato nelle nostre realtà territoriali, pertanto, durante le varie fasi di formazione del P.S.C., vanno promosse non solo occasioni e luoghi di partecipazione ma anche azioni e proposte che possano mettere in rilievo le peculiarità positive della “Perequazione Urbanistica” come forma equilibrata di gestione del territorio.

Va riaffermato in ogni forma possibile che il P.S.C. è e deve essere un piano partecipato e non blindato, un piano che deve coinvolgere tutte le componenti politiche e sociali, un piano che deve dimostrare la sua “flessibilità” accogliendo le istanze che provengono da una collettività non più imbrigliata ed inconsapevole ma che ha voglia di scegliere ad occhi aperti il proprio futuro.

Palmi, 28.04.2014  – Rocco Garipoli

(un estratto di questo articolo è stato pubblicato su Azione Metropolitana di aprile)

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