In democrazia il potere è del popolo. Fare esercitare al popolo questo potere (democrazia diretta) pone problemi molto seri di difficile, se non impossibile, soluzione. I tre poteri “classici” dello stato di diritto sono quello legislativo, esecutivo ed infine quello giudiziario. Il secondo ed il terzo sono praticamente impossibili da fare gestire al popolo e quindi vengono esercitati , in conformità alle leggi ed in nome del popolo, da organi separati ed indipendenti. Resta quello legislativo. Ritenendo praticamente impossibile far discutere e approvare o meno ogni singola legge da tutti i cittadini, il potere legislativo viene esercitato da “rappresentanti” eletti dal popolo (democrazia rappresentativa) eventualmente affiancati da altre rappresentanze popolari (democrazia partecipativa).
La cosa ha un’ulteriore “complicazione”. Normalmente si ritiene che esista un interesse superiore della Nazione (vocabolo omnicomprensivo) da dovere “salvaguardare ” e da non dovere fare dipendere da un banale conteggio dei voti dei cittadini, che hanno causato un certo numero di rappresentanti in determinati “gruppi”. L’eletto viene quindi “liberato” dal “mandato” che ha “generato” e “motivato” la sua elezione da parte dei cittadini (scusate il linguaggio non tecnico). Quindi il rappresentante eletto è libero da “mandati imperativi” sia verso il suo elettore, sia verso il suo partito. Al popolo resta solo il potere di non rieleggerlo alla prossima tornata elettorale. Il partito può espellerlo, ma comunque resta parlamentare. E’ bene specificarlo: rimane comunque un “ imperativo” a cui neanche l’eletto può sottrarsi ed è il rispetto della Costituzione.
Purtroppo la Costituzione è stata ampiamente disattesa in molte sue parti. Certamente alcune cose imponevano tempi lunghi per essere appieno realizzate, ma molte altre no. Adesso si pensa bene di modificarla per ottenere il duplice scopo di non realizzare la parte disattesa ed anche di potere “ridiscutere” la parte realizzata. La motivazione è che essa è ormai obsoleta e non adatta ai tempi moderni. La verità è che la “nostra” Costituzione non è adatta ad un regime “spinto” di libero mercato, anzi lo impedisce! Imponiamoci sia per farla attuare appieno sia per non farla “snaturare”.
Oltre al voto resta al cittadino solo l’opportunità dei referendum (abrogativi) per esprimere una volontà popolare di maggioranza. Esiste anche la possibilità di leggi ad iniziativa popolare, ma se ne è sempre fatto un uso minimo. Credo sia abbastanza poco e mi auguro che troveremo presto strade percorribili di democrazia partecipativa.
Questo “gioco” democratico che dovrebbe “equilibrarsi” con pesi e contrappesi per “reggere” è, secondo me, estremamente sbilanciato e di fatto siamo molto più sudditi che cittadini.
Uno “sbilanciamento” gravissimo è dato dalla legge elettorale attuale (nominati) che di fatto “limita” la scelta dell’elettore ad esprimere la “fiducia” ad un raggruppamento o ad un altro. Gli eletti quindi non hanno la fiducia del popolo (non chiamato ad esprimersi su questo), ma solo quella del gruppo di appartenenza. Essendo il gruppo (come somma di eletti) libero da mandato imperativo e, come di fatto è, sganciato da una qualunque base popolare , il potere (legislativo) è nelle mani di pochi leader di “partito”.
Lascio che sia il mio lettore a ponderare quanto di fatto il nostro stato ( inteso come apparato legislativo) ci renda sudditi o cittadini.
Già nella prima parte di questa discussione parlavo di sudditanze non derivanti da leggi dello stato, ma da cause diverse che, comunque, avrebbero dovute essere state da tempo “rimosse” , secondo i dettami Costituzionali . Mafie, bisogno, problemi del Sud Italia, condizioni iniziali diverse, diversità di diritti (quando non negati), ecc .
Parlavo anche di sudditanze di comodo che ci “inventiamo” per giustificare alla nostra coscienza i nostri comportamenti da non cittadini. La condizione di suddito e quindi di abitante di uno stato non “tuo” con leggi non “tue” ti pone nella situazione di comodo in cui puoi “moralmente” non rispettare alcun dovere.
Qualunque sia la percentuale di sudditanza e di cittadinanza che realmente abbiamo, certo quella della cittadinanza non è nulla (se lo fosse non ci resterebbe altro che la “rivolta”). Dobbiamo tenerci caro questo po’ di cittadinanza che abbiamo, svilupparla e farla crescere sino ad eliminare la sudditanza.
Io credo che si possa fare. Certo ci vorrà tempo e altrettanto certamente non sarà cosa che ci verrà regalata da nessuno. Non ci saranno uomini della provvidenza (ne abbiamo già avuti troppi), ma solo il nostro costante impegno. Dobbiamo, assolutamente assieme, innalzare il nostro livello di cittadinanza, sia con comportamenti personali, sia con azioni comuni. Certo se restiamo alla finestra a guardare siamo condannati e condanniamo anche gli altri (alla sudditanza).
Uno dei comportamenti personali che purtroppo molti hanno e che dobbiamo assolutamente correggere è il rapporto con il voto. Non andare a votare ci condanna ad essere sudditi poiché dovremo poi sottostare a leggi ed ordinamenti che non abbiamo in alcun modo determinato (anche con le limitazioni di cui sopra).
Sottostare a ricatti “padronali”, mafiosi, familistici, di gruppo, amicali, ecc. perpetuerà solo la nostra sudditanza. Anche ragionando in modo egoistico facciamoci bene i conti quando siamo disposti a “barattare” il nostro voto con il famoso “piatto di lenticchie”.
Se anche la legge non dovesse eliminare i “nominati” facciamolo noi “pretendendo” delle “primarie aperte” dai nostri partiti, andandocene e formando altri gruppi se non le fanno.
Non abbiamo solo il voto per ribadire la nostra condizione di cittadini. Abbiamo la possibilità di riunirci per elaborare “progetti nuovi” ed assieme abbiamo la forza di portarli a compimento. Non esistono altre strade. Assieme possiamo fare moltissimo! Se restiamo “estranei” o anche impegnandoci lasciamo che siano le piccole differenze a disunirci vinceranno facilmente gli “altri”. Il futuro che ci attende è estremamente “chiaro”, tra l’altro teorizzato già da secoli.
Libero mercato: se hai qualcosa da vendere ( lavoro, merci, idee,..) e trovi chi te lo compra, allora mangi, ti curi, ti istruisci,…, se non hai niente da vendere o anche avendolo non trovi chi te lo compra, anche se “cristianamente” può dispiacere, sono fatti “esclusivamente tuoi”!
Palmi 13/10/2013 – Gustavo Forca
Prima parte di Sudditi e cittadini
Riconosciamo tutti l’importanza di un vecchio cavallo di battaglia di Vincenzo, la partecipazione dei cittadini alla vita politica e amministrativa della Città, auspicando che siano sempre più numerosi coloro i quali decidano di spendersi per contribuire a determinare quell’altra Palmi che riteniamo possibile. Tuttavia, a dispetto dei numerosi appelli, nulla sembra muoversi. Vorrei che ci interrogassimo sulle cause di questa, almeno apparente, indifferente apatia.
Questa analisi è sempre stata fatta nel sito e nel circolo. Totale mancanza di fiducia nella politica per una moltitudine di motivi ( molti certamente giusti) e altro. Credo che la nostra scommessa non debba essere convincerli a fare politica con noi, ma a fare loro politica e noi ci siamo.
Per il solito mio problema tecnico chiedo ospitalità per un commento ad altro articolo: “Sudditi e cittadini 2” di Gustavo. Premessa la linearità del discorso, due punti non mi convincono. Il primo riguarda “la verità” sulla nostra Costituzione. Davvero Gustavo pensi che la nostra Carta ponga lacci e lacciuoli al libero mercato? Poi, il tuo giudizio sulla produzione legislativa che sarebbe soltanto “subita” dai cittadini, mi sembra faccia un torto eccessivo alla parte buona del nostro sistema democratico. Porto qualche esempio ultimo (di leggi buone nel corso degli anni ne sono state fatte, si pensi allo Statuto dei lavoratori): lo stalking, l’impignorabilità della prima casa per debiti fiscali e misure collegate, di straordinario interesse pubblico, ecc. Tornando alla Costituzione sulla proprietà, l’art. 42 al primo comma recita che la proprietà è publica o privata…
(FB, ti ho “replicato” nella posizione giusta)
Si, penso che la nostra Costituzione ponga seri problemi alla realizzazione spinta del libero mercato. Certo non è una Costituzione comunista e prevede la proprietà privata.
Ci sono state leggi di “alta” civiltà. L’incostituzionalità ha probabilmente impedito che se ne facessoro tante di “infima” civiltà. Comunque, tirate le somme, sono insoddisfatto del risultato attuale e sempre a quello mi riferisco. Che qualcuno che mi ha spesso trattato male un giorno mi abbia detto una parola gentile…
Scusate se insisto. A me pare che la riflessione sulla scarsa (o mancata?) partecipazione necessiti di ulteriori approfondimenti perché individuarne le cause è parte della soluzione al problema che continuiamo a denunciare. Ad esempio, siamo così sicuri che tutti siano così vogliosi di fare politica attiva, quand’anche questa fosse l’attività più trasparente e onesta al mondo? (Una questione che ci interroga anche sul significato possibile di democrazia diretta). E se non proprio tutti lo desiderano qual è il “tipo umano” interessato? E chi e perché si fa carico di occuparsi dei problemi di tutti?
Credo di potere dedurre da quanto scrivi che abbiamo idee non totalmente concomitanti rispetto all’“homo politicus”.Io penso che la totalità degli uomini “liberi” appartiene alla categoria suddetta, per predisposizione naturale, per difendere i suoi diritti, per dovere verso se stesso, la sua famiglia, la sua nazione, il mondo. Ogni uomo dotato di raziocinio, e quindi la quasi totalità, elabora delle idee politiche, che in buona fede crede buone per se e per gli altri, e si unisce ad altri, che la pensano “praticamente” allo stesso modo, per cercare di farle diventare indirizzi di politica generale (con il criterio, imperfetto, ma al momento non abbiamo di meglio, della maggioranza). All’interno di questi gruppi ci sarà di volta in volta una scelta degli individui che si riterranno più adatti per rappresentare le idee e le “istanze” del gruppo stesso. Il politico “super partes” (sancito dalla Costituzione con la negazione del mandato imperativo) non mi convince molto se lo consideriamo come normalità e non come eccezionalità. Ovviamente non credo, anzi mi fa paura,alla politica come “missione” o peggio come chiamata “divina”. E’ probabile che oggi possa ancora essere valida la figura di chi si sacrifica per gli altri, ma solo per soddisfare bisogni che la società (odierna) non può o non vuole soddisfare in maniera “civile”. Il volere considerare il politico un “diverso”, un “migliore”, ecc è secondo me una delle cause delle aberrazioni democratiche odierne, poiché giustifica la formazione di una casta di eletti.
Conosco persone, molte persone, che non hanno alcuna intenzione di occuparsi di politica. Non c’è argomento che faccia loro cambiare idea. Sono loro lo zoccolo duro dell’astensionismo. Certo noi possiamo pensare che questo disinteresse sia il frutto della loro storia personale, ma appunto siamo noi a pensarlo e, in ogni caso, non possiamo trascurare questa realtà.
Conosco, poi, persone, anche qui molte persone, che partecipano esprimendo un voto quando gli viene chiesto di farlo, e non intendono occupare altro del loro tempo e della loro vita in politica. Anche questa può essere immaginata come una deformazione o una limitazione di facoltà intangibili, ma tant’è.
Forse anche per queste ragioni, ma non solo, non è possibile immaginare il “politico” come mera espressione di rappresentanza. Ed ecco perché, a dispetto delle tante mode di delega “fluida”, il divieto di mandato imperativo è sancito in Costituzione ed è uno dei capisaldi di ogni democrazia liberale.
Conosci “troppe” persone democraticamente “carenti”…. meno male che sei iscritto al circolo! Ma poi non è neanche vero, a ben vedere. Non mi dire che queste persone subiscono senza rifiatare e quindi senza esprimere un concetto politico. Ce l’hanno con i partiti e ne hanno ben donde… Fanno politica, non fanno (passamela) “partitica”
Può anche essere che il divieto di mandato imperativo sia un caposaldo… Certamente il suo “abuso” ci fa eleggere chi ci comanderà, almeno per una legislatura
Credo, sarebbe veramente utile interrogarsi sulla “ indifferente apatia “ alla partecipazione della vita politico-amministrativa dei cittadini della nostra comunità.
Bisognerebbe, a mio parere, trovare il modo di dare vita a studi tecnici approfonditi, a ricerche ambientali ed affrontare principalmente molti dibattiti sull’argomento.
Intanto bisognerebbe diffondere le fondamentali nozioni di politica adatte a far aumentare nei cittadini il grado di conoscenza della stessa politica ma principalmente il grado di utilità che costoro attribuiscono alla politica come strumento in grado di far migliorare la qualità della vita della comunità.
Credo che il nostro circolo principalmente a livello “ culturale “ se ne possa e se ne debba occupare.