Forse non è ancora sufficientemente noto ma a breve, molto a breve, noi palmesi potremo gonfiare ancor più i nostri petti; non più solo figli dell’antica Taureana, non più solo concittadini degli illustri Cilea e Repaci, non più solo costruttori della Varia quasi targata Unesco. Saremo cittadini di metropoli! Un onore riservato nella penisola solo a pochi altri: romani, milanesi, torinesi, genovesi, veneziani, bolognesi, fiorentini, napoletani e baresi. Infatti dal prossimo primo gennaio entra in funzione, tra le altre, la città metropolitana di Reggio Calabria nella quale entreremo a far parte insieme a tutti i comuni dell’attuale, transeunte provincia.
Con la legge 142 del 1990 il sesto governo Andreotti non ci aveva pensato, ma il Berlusconi IV ha riparato il torto con la successiva 42 del 2009 che ha incluso Reggio tra le città metropolitane, nominando anche Giuseppe Scopelliti, coordinatore nazionale delle città metropolitane dell’Anci. Poco importa che Reggio sia 19esima tra le città italiane e, sempre per numero di abitanti, addirittura 33esima tra le province, superata anche da Cosenza che è al 23esimo posto; mentre per densità di popolazione la nostra provincia, tra quelle in gioco, è di gran lunga inferiore a tutte le altre con appena 178 abitanti per chilometro quadro (791 Roma, 2.023 Milano, 2.630 Napoli, 479 Genova, oltre 300 Torino, Bari e Venezia e quasi 300 Firenze e Bologna). Insomma un petit cadeau berlusconiano al suo fedele enfant prodige calabrese. Con la legge 135 del 2012, cosiddetta spending review, il governo Monti, all’articolo 18, aveva stabilito organi elettivi, funzioni amministrative, risorse umane e strumentali della città metropolitana, ma la Corte Costituzionale lo ha dichiarato illegittimo pretendendo una legge costituzionale. Così il 26 luglio scorso il governo Letta ha varato un nuovo disegno di legge “per il riordino delle funzioni delle province in attesa che venga approvato il disegno di legge costituzionale che le abolisce”. Ha fissato nel primo gennaio prossimo la data di costituzione delle città metropolitane per dar vita allo statuto; diverranno operative dal primo luglio e sostituiranno le relative province.
Il sindaco metropolitano sarà, come prevede il disegno di legge, il sindaco della città capoluogo ma, poiché il comune di Reggio, nell’ottobre 2012, è stato sciolto per infiltrazioni mafiose ex art. 143 d.lgs. 267/2000 ed è stato commissariato, non è chiaro come ci si comporterà. Non è tuttavia questa la sola incertezza. Non è neppure chiaro quali poteri saranno affidati al nuovo consiglio metropolitano e quali, eventualmente, saranno sottratti ai municipi. Quel che è certo è che, come recita il testo del disegno di legge, “si configura un nuovo assetto degli enti locali che possa rispondere meglio a criteri di efficacia, oltre che di risparmio dei costi”. In primo piano, dunque, la riduzione di costi che è sinonimo di accentramento. Ora, non solo abbiamo vissuto l’infelice esperienza nel 2007 dell’accorpamento della ASL di Palmi nell’ASP di Reggio che ha visto miracolosamente, con un colpo solo, ridurre la qualità dei servizi erogati e peggiorare le condizioni di lavoro di quei dipendenti, ma sappiamo anche quale sia lo stato dei trasporti e in generale delle infrastrutture di mobilità in provincia per paventare qualsiasi ipotesi di ulteriore accentramento di servizi e di funzioni.
I precedenti storici non incoraggiano. Nel 1927 Reggio, su impulso del podestà Genoese Zerbi, accorpò quattordici comuni, da Pellaro a Villa San Giovanni. Quest’ultima protestò, nonostante si fosse in pieno regime, riottenendo la propria autonomia sei anni più tardi. Gli altri ex-comuni coinvolti nell’operazione Grande Reggio – tra i quali Catona, Gallico, Pellaro – sono oggi realtà urbane periferiche e degradate del capoluogo. Può anche darsi che in fin dei conti la città metropolitana sia solo un nome nuovo da dare alla provincia ma la sola idea di un “modello Reggio” applicabile su scala provinciale fa venire i brividi.
Palmi 21/9/2013 – Pino Ippolito Armino