Certamente è il fenomeno, o si potrebbe anche definire la cartina tornasole, che indica la presenza, in seno alla società, di pulsioni e/o bisogni che hanno la necessità di essere espressi, condivisi con altri e “soddisfatti”. Quindi si tratta di un fenomeno sicuramente positivo e da incentivare, sia che le pulsioni di cui si parlava scaturiscano dal “sociale”, dalle varie forme d’arte o da molteplici altre esigenze.
Date per scontate tutte le “positività” che possono scaturire dall’associazionismo, essendo inutile una loro elencazione, in quanto esse sono ben conosciute da chi mi legge, mi voglio soffermare su alcune “negatività”.
Non credo di essere in disaccordo con chi mi legge se affermo che troppo spesso l’associazionismo non è l’ideale soluzione di molte problematiche, bensì soltanto un tentativo di soluzione in mancanza di quella “istituzionale”. Voglio dire che spesso l’associazionismo, ad esempio il volontariato, certamente estremamente benemerito nella sua azione, “copre” mancanze gravi dello Stato nella gestione dei diritti dei suoi cittadini e dà un paravento o una giustificazione alla dilazione, sine die, della loro soluzione.
Se una persona mi rivolge una richiesta d’“aiuto” mi trovo o di fronte ad un furbo, che facendo leva sul “buon cuore” degli altri ha trovato un modo comodo di vivere, o di fronte ad una mancanza grave ed “imperdonabile” dello “Stato”. Non si scandalizzi nessuno se mi auguro uno Stato che non abbia bisogno di volontari (se non in emergenze non programmabili) e in cui si abbia la certezza che la richiesta di “elemosina” è una “truffa”.
Qui potremmo porci una domanda a cui accenno soltanto lasciando il suo approfondimento ad un altro articolo o ad un (poco) eventuale dibattito. Lo Stato, pur restando nell’ambito della nostra Costituzione, di tipo misto capitalistico-sociale, può demandare alla buona volontà dei suoi cittadini la soluzione di alcune problematiche, ovviamente non di tipo prioritario? Con prioritario intendo che lo stato deve comunque garantire a tutti, al più alto livello possibile, giustizia, sanità, “beni comuni”,… e, almeno, “condizioni iniziali” simili.
Sono d’accordo sugli “attuali” fallimenti di stati totalmente “sociali” ( cause tutte da analizzare e discutere), ma il problema si sposta ai gradi di libertà che possiamo concedere al “libero mercato” per la realizzazione di una “giusta convivenza civile “.
Non ci sono dubbi che persistano a tutt’oggi gravissime lacune alla realizzazione dei dettami costituzionali da parte del nostro Stato sul diritto di tutti i cittadini ad avere pari “dignità”. Non dico che siamo in uno stato improntato totalmente ad un’ideologia di “libero mercato” in cui la dignità è praticamente “zero” (se non viene “ereditata” dai padri), dipendendo solo dal singolo il suo innalzamento e sviluppo, ma ho l’impressione che questa sia la direzione intrapresa, vista la continua erosione del “sociale”.
L’associazionismo di tipo politico (partiti e movimenti) è la “condicio sine qua non” del vivere democratico. Il fallimento di questo tipo di associazionismo non può che decretare la fine della democrazia relegandoci, bene che ci vada, a vivere in un’oligarchia ( secondo me è lo stato attuale della democrazia in Italia). I diritti diventano delle mere enunciazioni e gli oligarchi, più o meno ammantati della fama auto costruita, di predestinati o di possessori, quasi unici, di spiccate qualità “amministrative”, ci impongono il loro volere, che è in totale sinergia con le loro incapacità e soprattutto con i loro interessi.
In questo caso la negatività deriva da una scarsissima partecipazione a forme di associazionismo politico, di tipo partitico, e una eccessiva proliferazione di piccoli o microscopici movimenti.
Certamente sono alcuni dei cittadini “migliori” a creare forme associative, non riuscendo a mettere a tacere la propria coscienza e trovando inaccettabile subire senza nemmeno porre in atto forme di lotta, azione, dibattito, ecc. per il raggiungimento di livelli più alti di democrazia. Trovo che l’eccesiva proliferazione di minuscoli gruppi isolati disperda e renda non incisive e determinanti le loro azioni.
Praticamente assistiamo ad una dispersione delle forze migliori in tanti rivoli che neanche raggiungono un fiume, immaginiamoci il mare. E questo fa estremamente comodo ai nostri antagonisti.
Pur ammettendo che ogni movimento si differenzi dagli altri per qualche peculiare caratteristica, che certamente deve essere conservata, che alcuni di essi hanno il solo scopo di soddisfare la vanagloria dei loro creatori, che un certo numero di associati hanno un livello di pulsioni talmente basso da essere soddisfatto a pieno dal solo fatto di essere “iscritti”, credo che una “confederazione ” di movimenti autonomi sarebbe conveniente a tutti (con l’ovvia esclusione dei nostri antagonisti).
Certo questa non è un’idea nuova. Ad esempio Libera “coordina” più di millecinquecento associazioni, gruppi, ecc. Dentro la definizione generale di “politica” (amministrazione della “polis” per il bene di tutti,) anche loro hanno un ruolo di tutto rispetto ma visto il loro specifico interesse verso la lotta antimafia, all’usura, alla corruzione, ecc. sono trasversali ad ogni ideologia partitica.
Non vi è dubbio che oggi l’ideologia di sinistra sia molto poco rappresentata dai partiti. Il PD è un partito di centro con una frangia, evidentemente non determinante, a sinistra. Lo dimostrano in pieno l’appoggio al governo Monti e la partecipazione al governo Letta. SEL non è certo in grado di contrastare l’avanzata del “libero mercato” sul “sociale”. Indubbiamente il M5S, trasversale a tutti i partiti, rappresenta un giusto sentimento generale di protesta, ma certo non l’ideologia di sinistra.
Certo dovremo fare uno sforzo per realizzare questa confederazione. Ad esempio, lo stesso sforzo che tante volte è stato chiesto (nel nostro comprensorio), senza successo, ai piccoli proprietari di uliveti, dimostrando loro che da soli non potevano produrre “reddito”, mentre cooperativizzandosi… Le remore credo siano sempre le stesse: la perdita di un totale decisionismo sulla cosa “propria”, la necessità di mediare interessi, opinioni, ecc., la paura di essere strumentalizzati ed egemonizzati,…
Non dico che queste paure siano infondate ed aleatorie, ma sono dell’idea che possiamo trovare “forme” di collaborazione che riducano drasticamente tali pericoli.
Se non riusciamo a fare questo, per non dare un vantaggio troppo grande ai nostri antagonisti, credo che ci convenga metterci d’accordo su un partito, poi entrarci in “massa”e cercare dal suo interno di determinarne la “politica”.
Palmi 1 agosto 2013 – Gustavo Forca
Trovo interessante l’argomento.
Da anni non riesco più ad esprimere aclun consenso elettorale; francamente, non saprei chi scegliere.
Mi sento orfano di rappresentanza politica degna ed affidabile : la sinistra,….. dov’è? Io non riesco a vederla più da un bel pezzo.
In parlamento c’è il M5S che sta conducendo una concreta, forte opposizione portando avanti dei valori e dei principi che un tempo trovavano casa solo nella sinistra. Oggi non è così; la sinistra mi pare che pensi solo alle poltrone……che delusione!!!
Ho letto, recentemente, sulla rivista MIGROMEGA che alcuni movimenti ed associazioni e personalità come LANDINI, REVELLI, RODOTA’, ZAGREBELSKY, FLORES D’ARCAIS stanno cercando di unire le masse per costituire una sinistra alternativa e, in tutta sincerità, io spero tanto che ci riescano a livello nazionale.
Credo sia una buona idea la tua quella di provarci anche noi a livello territoriale magari cercando di realizzare una confederazione.
Discutiamone. Da cosa nasce cosa. La nostra sede potrebbe essere il luogo per gli incontri di partenza. Credo, comunque, che nessuno di noi abbia in mente poltrone, carrierismo e similari!!!
Sono d’accordo sul fatto che mettendosi insieme si può sperare di cambiare le cose che non vanno o, quanto meno, a fare un passo nella giusta direzione.
Bisogna, però, essere cosciente che “Mettersi insieme” non è cosa facile perchè ognuno degli associati deve essere capace di sacrificare qualcosa alla ricerca dell’unità.
Negli attuali partiti tale capacità è molto ridotta perchè prevalgono le piccole strategie personali ed ognuno considera l’associazione, non un modo per fare prevalere certe ideee, ma per raggiungere i propri, personali obiettivi e l’oligarchia, di cui tu parli giustamente, è costituita da un piccolo gruppo di persone che ha uno scopo, se non unico, prevalente, di perpetuarsi al potere.
Ecco perchè vengono respinti tutti i tentativi di cambiare lo status quo.
Se, nell’attuale situazione, io sono al comando, perchè cambiare?
Ne deriva quel che succede, ad esempio, nel PD dove si sono eliminati i congressi, si è eliminata la possibilità di scelta da parte dell’elettore dei propri rappresentanti che potrebbero essere elemento non omologati e, quindi, difficilmente gestibili dall’oligarchia.
Non vi è dubbio, quindi, che il cambiamento non può che avvenire sulla spinta della base che, associandosi, può dare una spinta forte nella direzione giusta.
Naturalmente la prima cosa, come diceva Carmelo Garipoli, è parlarne tentando di vincere pregiudizi e chiusure nella convinzione che l’obiettivo di creare una società merita il nostro sforzo.
La condizione nella quale si trova oggi la Calabria, e quella altrettanto disastrosa nella quale è Palmi, mostra che non è più a lungo rinviabile la costruzione di un governo efficace delle amministrazioni locali, a partire da idee e progetti di cittadini organizzati. Se non si vuole ancora lasciare ai soli partiti il compito di esprimere la rappresentanza politica degli elettori, affidando a chi ha già tanto demeritato ogni speranza di cambiamento, non c’è altra scelta che quella di mettere insieme competenze e capacità e finalizzarle ad obiettivi comuni.
A livello comunale, per restare in ambito più ristretto, anche sensibilità politiche, che sono distinguibili sul piano nazionale, possono trovare una piattaforma programmatica comune sufficientemente ampia, come mi pare suggerito da Carmelo, e come forse anche auspicato da Civis con la condivisa consapevolezza che ogni punto di programma è frutto del’incontro di più volontà.
Per andare al cuore del problema sollevato da Gustavo, il risvolto “negativo” dell’associazionismo sta nel suo uso improprio, condizionato com’è dalla mentalità prevalente. Sono convinto che migliorare significa prima di tutto elaborare idee e argomenti per capire bene la realtà che si vive. Se difetta lo strumento intellettuale si fa ricorso a mezzi consentiti nel modo del tutto distorto. Non basta dunque la libertà di associarsi se, come succede a Palmi (la libertà in sè, come ho sempre sostenuto, spesso non spiega nulla), si fa ricorso all’associazione, quasi comunemente, per soddisfare esigenze individualistiche di vario tipo e natura. In altre parole, manca il senso proprio dell’associarsi che, anziché esprimere valori aggregativi, secondo natura, produce separatezza e incomunicabilità. Solo quando si arriverà a trovare le cose che accomunano e a confrontarsi costruttivamente, si misurerà un livello superiore di coscienza.
Mi preme ribadire l’importanza della discussione, che può prendere le mosse anche dagli effetti dei fenomeni in corso, potendo, l’affannosa ricerca dell’individuazione delle cause, continuare a fare da alibi.
I nostri problemi, già descritti nell’articolo, sono essenzialmenmte due:
la mancanza di “attività” degli associati… “un certo numero di associati hanno un livello di pulsioni talmente basso da essere soddisfatto a pieno dal solo fatto di essere “iscritti”. Il famoso “armiamoci e partite”…
la mancanza di “condivisione” e le “paure”…”la perdita di un totale decisionismo sulla cosa “propria”, la necessità di mediare interessi, opinioni, ecc., la paura di essere strumentalizzati ed egemonizzati,…” Di questo abbiamo avuto negli ultimi tempi esempi eclatanti e demoralizzanti
Valutando con molta attenzione i temi trattati nei superiori commenti, in considerazione anche delle oggettive difficoltà, giustamente e cautamente, evidenziate da Gustavo e F.B., credo di concordare con quanto sostenuto sia da Cives che da Pinoipp.
Il nostro territorio il quale non difetta, sicuramente, di associazioni, di movimenti, di uomini di cultura, di esperienza e di valore ha solo bisogno di una piattaforma programmatica e di un gruppo coeso di cittadini ( non sudditi ) disponibili a realizzarla.
Penso si possa cominciare a ragionare partendo da Palmi, senza però attendere la prossima campagna elettorale, cerchiamo di contenere altri eventuali danni, se ci sarà possibile.
Bisogna crederci ed essere ottimisti. Una buona dose di ottimismo ci aiuterà a raggiungere l’obiettivo . A presto