In generale, fare informazione dovrebbe significare comunicare alla società civile gli avvenimenti reali, privi di ogni considerazione partigiana .
Per il soggetto fruitore l’utilità sta soprattutto nel fatto che l’informazione può influenzare la percezione e la conoscenza raccontando fatti reali già accaduti ad altri soggetti.
Oggi l’informazione è sicuramente un bisogno primario; fruirne dovrebbe essere, pertanto, un diritto legittimo di ogni cittadino che si procura, così, uno strumento essenziale per partecipare allo svolgimento della vita sociale.
Nel nostro paese esiste però un problema grave e disgustoso di libertà d’informazione: quella a mezzo stampa e quella a mezzo televisione.
C’è una informazione che non dice e, se dice, non dice come stanno le cose perché non riferisce quello che realmente accade.
E’ dunque “utopistico” pensare ad una informazione libera e pluralista perché grossi capitalisti e potenti editori investono oggi, più che mai, su tutti quanti i mezzi di comunicazione dell’informazione (sulla stampa in generale e sulle reti televisive ) per controllarla e conseguentemente per utilizzarla al meglio a favore dei propri interessi, Berlusconi docet in merito ed è in buona compagnia qui in Italia.
Ne discende, pertanto, nonostante il denaro pubblico elergito, che quasi nessuna TV è libera, che non esistono più penne libere ma sono rimaste solo quelle che scrivono “esclusivamente” sotto dettatura altrimenti….non sarebbe loro consentito di scrivere alcunché.
Solo la rete è oggi l’unico supporto di comunicazione dell’informazione rimasto “quasi”,e credo ancora per poco se non ci mobilitiamo tutti, indenne da questa sorta di bavaglio partigiano; la rete viene utilizzata, per adesso, senza filtraggio e, quindi, in maniera più reale e più democratica ma, i gruppi di potere sono già all’opera, intervengono continuamente perché vorrebbero stringere l’accesso della rete alla gente comune, “il popolo non deve sapere” è questo il loro pensiero fisso e dominante.
L’informazione è sempre stata ed è ancora in mano solo a soggetti “economicamente capaci” cioè ai grossi capitalisti, ai potenti; l’informazione è sempre stato un grosso strumento di propaganda che solo costoro da sempre detengono; la propaganda, è una tecnica di persuasione efficace, specialmente tra la gente della strada, per raggiungere specifici obiettivi: “ IL POTERE E LA RICCHEZZA ECONOMICA “
Assistiamo da circa un ventennio alla c.d. “ spettacolarizzazione della politica “ che è uno strumento capace di far diminuire le capacità critiche dei cittadini e di dar vita ad un complicato meccanismo di cattura del consenso; in effetti, questo consenso Berlusconi e i suoi degni amici e compari sono sempre riusciti a catturarlo nonostante fossero gli inventori del malcostume diffuso, nonostante avessero come regola grammaticale quella delle disuguaglianze sociali, nonostante fossero i fautori delle illegalità più strane, e principalmente, nonostante si fossero resi responsabili della commissione di reati di una certa gravità.
Ecco che in Italia così nacque e si diffuse il berlusconismo !!! Ciò fu opera anche dell’informazione.
Secondo l’orientamento della Corte Costituzionale il pluralismo è destinato a realizzarsi attraverso “ un’informazione completa, obbiettiva, imparziale ed equilibrata nelle sue diverse forme di espressione”.
Tuttavia credo sia auspicabile che il pluralismo dell’informazione venga costituzionalmente garantito dallo Stato che, nonostante la crisi, elargisce finanziamenti di notevole portata a partiti, a giornali, a reti televisive e, confido , soprattutto, che il pluralismo dell’informazione venga di fatto attuato in misura più ampia possibile dando ampio spazio e invogliando soprattutto l’utilizzo della rete che in questo momento risulta essere il mezzo d’informazione più libero.
Vorremmo diventare un popolo libero per conoscere dai mezzi d’informazione sempre , solo la verità tutta la verità, nient’altro che verità.
Palmi 6/7/2013 – Carmelo Garipoli
Questione complessa e importantissima, questa che propone convenientemente Carmelo. Aggiungo qualche riflessione separando, per comodità, le questioni che attengono al livello dell’informazione nazionale da quelle più specificamente locali o cittadine.
1. “Report senza frontiere” segnala “problemi sensibili” per il nostro Paese e Freedom House ci assegna un non esemplare 69° posto nella classifica della libertà di informazione. E’ un fatto che l’informazione su carta (e la relativa pubblicità) è concentrata in poche mani, ma possiamo ancora scegliere se comprare il Corsera o il Manifesto, La Repubblica o Il Fatto. Di una gravità assoluta è, viceversa, la situazione delle TV. Lo è non solo perché la concentrazione proprietaria raggiunge il massimo dell’oligopolio ripartito tra 2/3 soggetti (e non è mancato addirittura il monopolio Raiset) ma soprattutto perché la maggioranza degli italiani, ahinoi!, non legge libri, non compra giornali e va poco in rete; con la nefasta conseguenza che l’unica fonte di informazione diventa il piccolo schermo; dove, pur apprezzando le differenze tra il TG di Fede e quello di Mentana, tanto per dire, sono prive di voce molte e diverse sensibilità culturali e politiche. La prima cosa da fare sarebbe spezzare il duopolio Rai Mediaset e aprire a nuovi editori (che dispongono dei tanti quattrini che servono per fare una una tv commerciale). La seconda riformare il servizio pubblico, ma questa è una frase vuota se non si chiarisce cosa vuol dire. Non credo all’informazione totalmente neutra, autonoma e indipendente, perché vorrebbe dire avere giornalisti che non pensano, che non hanno idee, convinzioni e passioni politiche.
2. Lo spazio dell’informazione locale è particolarmente interessante per noi, e penso che dovremmo contribuire ad occuparne un pezzetto; più di quanto non abbiamo sin qui potuto fare con questo sito, con gli articoli passati ai giornali, con le manifestazioni di piazza, col nostro quotidiano discorrere con amici e conoscenti …
Quanto al punto 2, Pino condivido, anch’io sono della convinzione che il nostro circolo potrebbe/dovrebbe spendersi per cercare uno spazio in rete e/o anche altre modalità per divulgare le informazioni locali posto che i nostri quotidiani non sempre si sono dimostrati attenti alle nostre attività e a tutto quello che accade nella nostra comunità.
Credo sia auspicabile poterci confrontare, di volta in volta, scegliendo specifiche tematiche aventi ad oggetto esclusivamente la crescita della nostra cittadina, con altri cittadini volenterosi di dare il proprio contributo e, perché no, anche con gli attuali amministratori.
Aprire un dialogo per sapere, anche fuori il palazzo, come la pensano i cittadini sulle vicende della nostra comunità è un fatto di civiltà e di democrazia.
Interessante l’articolo, ma per la sua complessità mi riservo di tornarci con più tempo a disposizione. Vorrei però toccare la questione dell’informazione locale. Proprio l'”asetticità” del maggior numero di articoli dei giornali locali costituisce uno dei problemi importanti della nostra società territoriale. Se, invece, i giornalisti (insomma chi tratta le vidende locali), si rendesse partecipe alle dinamiche sociali, con la consapevolezza che i fatti e le singole realtà non vanno solo raccontate (serve relativamente), ma commentate adeguatamente con il senso critico (che non è partigianeria) di svolge una professione intellettuale, favorirebbero il progresso di queste nostre realtà locali, dove, in assenza totale di analisi, si crede davvero che lo scopo di un’amministrazione comunale sia quello di raccogliersi in preghiera e di fare attività religiosa. Certo, come sostengo da sempre con forza, bisogna utilizzare la rete che in questo momento rappresenta l’unica occasione che ci è data, senza per questo rinunciare ad altre opzioni.
Il problema dell’informazione è certamente uno dei più complicati e di difficile soluzione.
Innanzi tutto la semplice esposizione dei fatti, pur tralasciando che essi troppo spesso non portano neanche i tribunali a giungere alla “verità”, non è facilmente leggibile da parte della maggioranza dei cittadini poiché presuppone ”conoscenze specialistiche”. Da questo deriva, certamente, la necessità di una interpretazione dei fatti da parte di persone con le opportune conoscenze.
Questa necessità di “spiegazione” dei fatti implica che la personale visione, degli stessi (da parte del giornalista, commentatore, ecc,) che giunge a noi, sia “necessariamente “viziata” da “personali” punti di vista.
Quindi per avvicinarci alla verità dei fatti abbiamo solo due soluzioni: la “fiducia” o la pluralità di informazione. Ambedue queste soluzioni portano a grosse problematiche.
Di chi si può avere “fiducia”? di una persona, di una interpretazione “partitica”, dell’importanza della fonte,….
La pluralità d’informazione presuppone una personale interpretazione dei fatti, avulsa dai “commenti” contenuti nelle varie “fonti”, basata su personali conoscenze che portino al discernimento della “verità”. Necessità a questo punto una forte “culturizzazione” delle masse e, anche, di noi stessi.
Personalmente penso che il nostro circolo possa certamente fare una informazione “partitica” ma, essenzialmente, dovrebbe fare “cultura”.
Fare cultura vuol dire anche creare uno spazio sul quale informare delle novità locali i visitatori, i quali, spesso ci leggono numerosi, non riesco a spiegarmi come mai, partecipano al dibattito solo in numero limitato.
Pur riconoscendo l’importanza e la delicatezza del complicato tema dell’informazione da me affrontato in modo più o meno superficiale, posso assicurare comunque che il mio scopo principale era ed è quello di avviare un partecipato dibattito specialmente tra i soggetti non associati nostro circolo.
Penserei di farlo anche con altri temi importanti per la crescita della nostra comunità.