Per rilanciare il commercio ed il turismo, gli Amministratori, o chi per loro, hanno avuto la grande idea dei “gazebo” (dehors). Ogni esercizio commerciale adibito alla somministrazione di alimenti come bar, ristoranti, pizzerie ecc., può richiedere la concessione dello spazio prospiciente (nella pubblica via), adibito normalmente a posteggio, per costruirci sopra un gazebo e quindi ampliare notevolmente l’area dell’esercizio commerciale. Ovviamente è un grosso affare per i gestori di queste attività che possono ampliare i loro locali a bassissimo prezzo. Costo di costruzione del “gazebo” ed un minimo di affitto mensile. Infatti, mentre in media un metro quadrato di locale costa in affitto non meno di 20 euro mensili, il canone richiesto dal comune si aggira intorno ai 5-6 euro. Tra l’altro non si tratta di strutture leggere ed estive (temporanee e poco più di una pedana con tavolini ed ombrelloni), ma di vere e proprie costruzioni in profilato di ferro, con tetto e tamponamenti in vetro o similari, da utilizzare tutto l’anno.
Mentre il Comune, forse anche giustamente, ha un atteggiamento “feroce” verso i cittadini che osano costruire nel terrazzo o nel giardinetto un “porta scope”, considerandolo un aumento di volumetria “imperdonabile” ecc., poi nello spazio di tutti …
Molto ci sarebbe da dire sulla “opportunità” di togliere a tutti il godimento di pezzi di strada, tratti di marcipiede e numerosi posteggi per asservire questi spazi ad interessi privati. Sicuramente altro ancora si potrebbe dire sulla “estetica” di questi manufatti, oltretutto in un paese che, sembra, non voglia sentire parlare di isole pedonali. Tralascio, anche, di valutare se non ci siano gli estremi per configurare diritti di distanza tra le costruzioni.
Il promuovere e dare queste “concessioni” avrà un solo risultato: aumentare considerevolmente la litigiosità tra vicini, sia proprietari che affittuari. Certamente l’occupare in maniera stabile un certo numero di posteggi sarà penalizzante per coloro che hanno attività commerciali nelle vicinanze. Molto più penalizzante sarà per chi ci abita, sia per i posteggi mancanti, ma soprattutto per una gravissima lesione alla servitù di veduta (affaccio) ed all’uso dei marciapiedi.
La servitù di veduta prevede che chi ha acquisito tale diritto (certamente tutti coloro che possiedono finestre e balconi, sia che si affaccino sul terreno del vicino, sia sulla pubblica via) può impedire la costruzione di qualunque manufatto al di sotto della distanza minima di tre metri dai punti da dove esercita il diritto suddetto.
Visto che le finestre ed i parapetti dei balconi normalmente hanno un’altezza dal marciapiede di non più di 4-5 metri (vecchie costruzioni) e che i marciapiedi raramente superano i due metri di larghezza, nella maggioranza dei casi questi gazebo non potranno essere costruiti senza ledere diritti. Vedere lo schema allegato.
Risulta evidente che potranno essere costruiti, sul ciglio del marciapiede, gazebo non più alti di 2 metri e per il breve volgere della stagione estiva per non ledere anche i diritti dell’intera comunità.
Palmi 9 luglio 2013 – Gustavo Forca
Vedi: Regolamento Occupazione Suolo Pubblico Deors- Comune di Palmi
Nota: se il “tamponamento” del balcone è costituito da una ringhiera i tre metri si misurano dalla base dello stesso balcone.
Ecco dunque la mossa vincente per (ri)lanciare il turismo a Palmi! 🙂
Il regolamento municipale sui dehors (che ho appena letto) sembra lasciare molti margini interpretativi ma, pur senza improvvisarmi legale, la gerarchia delle fonti impone di considerargli prioritario il Codice Civile. E questo, come ben ricorda Gustavo, all’art 907 recita:
“Distanza delle costruzioni dalle vedute.
Quando si è acquistato il diritto di avere vedute dirette verso il fondo vicino, il proprietario di questo non può fabbricare a distanza minore di tre metri, misurata a norma dell’art. 905.
Se la veduta diretta forma anche veduta obliqua, la distanza di tre metri deve pure osservarsi dai lati della finestra da cui la veduta obliqua si esercita.
Se si vuole appoggiare la nuova costruzione al muro in cui sono le dette vedute dirette od oblique, essa deve arrestarsi almeno a tre metri sotto la loro soglia”.
E secondo la giurisprudenza:
“Ai fini della disposizione anzidetta il termine costruzione non va inteso in senso restrittivo di manufatto in calce o in mattoni o in conglomerato cementizio, ma in quello di qualsiasi opera che, qualunque ne sia la forma e destinazione, ostacoli, secondo l’apprezzamento insindacabile del giudice di merito, l’esercizio di una veduta”.
A me pare chiaro!
Lasciando per un momento da parte i giudizi sulle varie ed eloquenti micro iniziative dell’A.C. di Palmi, sulle quali spesso spendo qualche parola in questo sito; fatte salve le deroghe dei comuni a leggi e principi generali, per i casi di cui si discute in questo articolo, credo vada fatta attenta lettura del regolamento di occupazione come qui riportato.
In particolare con riferimento all’art. 3, n. 4, che parla di adiacenza del manufatto con l’esercizio commerciale ed eventuale assenso scritto del proprietario dell’immobile vicino; il successivo art. 6 dice, chiaramente, che l’occupazione di marciapiedi è consentita purchè sia garantita “sempre libera” una zona di circolazione pedonale, larga non meno di 2 mt; si può derogare a questi ed altri parametri solo se la circolazione veicolare sia inibita (isola pedonale): art. 3 bis, n. 1.
E.C.: il successivo n. 6 e non art. 6.
Facciamo l’isola pedonale e allora questi gazebo non saranno di intralcio alla circolazione delle persone ed avranno un senso oltre alla speculazione che porta a farli per avere spazi disponibili a prezzo stracciato. Adesso strozzano in maniera eccessiva tratti di marciapiede occupano preziosi ed indispansabili posteggi, intralciano il traffico. Comunque per salvaguardare i diritti di tutti (come chiaramente descritto negli interventi precedenti) basterà farli leggeri, come struttura, possibilmente anche esteticamente validi e con leggere coperture per il sole. Praticamente dellle pedane attrezzate “estive”. Per qualcosa di più consistente limitiamoci almeno alle piazze.
Il Comune di Bologna, per evitare un ovvio e conseguente contenzioso giudiziario, specifica, nel regolamento dei dehors, che in caso di diritti di terzi è necessario il loro assenso alla costruzione:
– per quanto attiene la tutela dei terzi titolari di posizioni soggettive interessate da
installazioni di dehors è necessario, ai sensi dell’art. 4 del vigente regolamento per
la disciplina di installazione e gestione di dehors, procedere all’acquisizione del loro
assenso, qualora l’occupazione richiesta sia a contatto con un edificio, su aree
antistanti negozi adiacenti, su aree in corrispondenza di finestre, luci, vedute o
vetrine, su aree poste davanti ad ingressi condominiali,su aree private soggette a
servitù di pubblico passaggio;”
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