Solo poche ore fa l’Amministrazione comunale ha comunicato di voler celebrare l’anniversario di oggi 25 aprile, settantasettesimo dal 1945, con la deposizione di un mazzo di fiori sulla targa che ricorda i partigiani palmesi caduti nella guerra di Liberazione. Il minimo sindacale, come si dice, al di sotto del quale c’è soltanto il vuoto che precede il 25 aprile 2013 quando, grazie al Circolo Armino, dopo molti anni Palmi tornava a onorare la memoria della Resistenza. Di questo compito abbiamo ritenuto dovesse essere investita l’istituzione comunale, così come ovunque nel resto dell’Italia democratica. Nelle settimane passate, come consigliere comunale, avevo personalmente sollecitato l’organizzazione di una festa della Liberazione degna del nome di Palmi, la città di Pugliese, di Repaci, di Lopresti.
Perché allora questo 25 aprile in sordina? Non si sfugge a una considerazione per quanto grave possa essere. Per anni Palmi è stata amministrata da chi ritiene che il 25 aprile sia una festa “divisiva” e c’è chi la pensa allo stesso modo anche tra i sostenitori dell’amministrazione in carica (con buona pace di quella sedicente sinistra che ha scelto di sostenere la coalizione civica dichiaratamente né di destra né di sinistra guidata dal sindaco attuale). Divisiva, dicono. Ma che vuol dire? La guerra di Liberazione è stata combattuta da comunisti, azionisti, socialisti, anarchici, democristiani, repubblicani, liberali, monarchici … tutti tranne i fascisti ovvio! Se dunque la divisione è fra fascisti e antifascisti, altra non se ne vede e non c’è, allora è bene che resti! Viene piuttosto da chiedersi come qualcuno tra noi possa ancor oggi ispirarsi a una politica che è stata soppressione delle libertà, violenza come strumento di lotta politica, eliminazione fisica degli oppositori, guerra come metodo di risoluzione delle controversie internazionali, colonialismo, omofobia, maschilismo, razzismo, cultura della morte. Due le possibili risposte: ignoranza o adesione autentica ai “valori” del fascismo. In entrambi i casi non certo un titolo per amministrare la città.