Pasqua amara

Pasqua e pace, un binomio così tradizionale da farci dimenticare che siamo in guerra. La guerra non solo si combatte alle nostre porte ma noi stessi vi prendiamo parte. L’invasione dell’Ucraina, infatti, ha scatenato un conflitto che contrappone, squarciando il velo delle ipocrisie, l’organizzazione militare “difensiva” di cui facciamo parte, la NATO, alla Federazione russa. L’esito finale di questa guerra è tutt’altro che scontato. Sono già però certe e tangibili le devastazioni e i lutti, le sofferenze e le vittime, i massacri e gli odi inestinguibili tra popoli che un tempo si dicevano fratelli. Milioni di ucraini non torneranno più nelle loro case perché queste non ci sono più; si allungano le liste dei profughi e degli orfani in cerca di un riparo nelle nostre città; cresceranno, già crescono, le spese in armamenti che sottraggono risorse preziose per la società; cresce anche l’inquinamento e corre sul filo dell’impotenza il controllo della crisi climatica che potrebbe sconvolgere il pianeta. La guerra, la stupida guerra uccide e distrugge in poche ore ciò che gli uomini hanno costruito in anni di duro lavoro ma avrà conseguenze anche peggiori se il presidente-dittatore sarà messo con le spalle al muro. Se non avrà più niente da perdere allora tutto potrà andare perso. La catastrofe nucleare non è mai stata così concreta e così vicina, eppure si balla ancora su questo ignaro Titanic. Dovremmo occupare le piazze e invocare la pace. Fino a che punto i potenti della Terra potrebbero ignorare milioni di europei che manifestassero caparbiamente per la fine della guerra sul loro continente?

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