Il mare è sporco .. ma va!

Di fronte all’inerzia che in questi anni ha caratterizzato l’insieme delle istituzioni calabresi su uno dei principali problemi della regione, l’inquinamento delle acque marine costiere, l’iniziativa assunta qualche giorno addietro dalle Procure di Palmi, di Vibo Valentia e di Lamezia Terme sembra infine muoversi nella giusta direzione. Il Reggino, nel suo articolo di redazione dell’altro ieri, riporta come le tre procure, dopo diverse segnalazioni, abbiano aperto un fascicolo per indagare su eventuali responsabilità in merito al mare sporco, alle chiazze schiumose e ai rifiuti misti galleggianti a pelo d’acqua.

Noi abbiamo qualche modesto suggerimento per gli inquirenti sulla base di quanto accertato e pubblicamente denunciato in questi anni a Palmi. Le reti fognarie dei comuni costieri, quando esistono, sono un colabrodo. Lo sversamento di acque reflue da rete fognaria direttamente in mare è stato osservato, documentato, immortalato su foto e su video. Non basta. Vi sono interi quartieri, soprattutto a mare, non collegati alla rete fognaria ma non viene esercitato alcun controllo sul corretto impiego di fosse biologiche e pozzi neri. E poi c’è IAM (Iniziative Ambientali Meridionali) che convoglia quel che ben 16 comuni (Anoia, Cinquefrondi, Cittanova, Feroleto della Chiesa, Melicucco, Polistena, San Giorgio Morgeto, Taurianova, Laureana di Borrello, Galatro, Gioia Tauro, Rosarno, Palmi, San Ferdinando, Rizziconi, Nicotera), giustappunto o quasi l’area interessata dall’indagine delle procure, riescono a inviare sino all’impianto di Gioia Tauro attraverso le loro scassate reti fognarie. Il 30 maggio scorso Domenico Latino ha scritto sulla Gazzetta del Sud che la tubatura di scarico sottomarina dell’impianto IAM è danneggiata in più parti e per di più sbocca a meno di 100 metri lineari dalla battigia, cioè molto al di sotto di quanto prevede l’art. 23 della legge regionale 3 ottobre 1997 n.10: “La lunghezza minima della condotta di scarico a mare non può essere inferiore a mt 300 dalla battigia e la profondità raggiunta non deve essere inferiore a 30 metri”. Inoltre, per questo discutibile servizio i comuni convenzionati pagano non, come sarebbe lecito attendersi, in base ai volumi dei fluidi trattati ma fortettariamente sulla base del numero degli abitanti, senza curarsi cioè del fatto che molte utenze non siano neppure collettate e che troppi reflui finiscano direttamente nell’ambiente.

In queste condizioni stupirsi della cattiva qualità delle acque marine è una ingenuità che non possiamo permetterci. Cosa ci aspettiamo dalla magistratura? Non la soluzione del problema, sia chiaro, ma l’asseverazione di queste circostanze perché la politica regionale, metropolitana e comunale la smetta di fingere di ignorare un problema che è centrale per lo sviluppo della regione più arretrata d’Europa.

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3 commenti Aggiungi il tuo

  1. carmelo garipoli ha detto:

    rientra anche questo problema tra le dolenti note come la spazzatura e la sanità; penso che fra un paio di secoli forse risolveranno tali problemi.

    1. Il pessimismo e la sfiducia sono in qualche misura obbligati, hai ragione Carmelo. Tuttavia ciascuno di noi porta un pezzetto di responsabilità. Perché mai il Comune di Palmi, ad esempio, accetta di pagare IAM forfettariamente e, soprattutto, perché non esercita un controllo sul servizio che gli viene reso?

    2. carmelo ha detto:

      eh……..il comune Pino!!!

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