“La festa del Caprone” di Mario Vargas Llosa

È un giorno imprecisato di fine anni ‘90. Una donna di successo, laureata in economia ad Harvard, dirigente della World Trade Organization, decide improvvisamente di tornare a casa, da dove manca da trentacinque anni, per visitare il padre anziano, invalido da tempo a causa di un’emorragia cerebrale. È un viaggio improvvisato, non schedulato, estraneo all’agenda di una donna che organizza ogni singolo attimo della propria esistenza, motivato da un’urgenza interiore a cui nemmeno lei sa dare un nome. O forse sì, ma prova terrore a pronunciarlo. Casa sua, dove è nata e cresciuta, è a Santo Domingo, la capitale della Repubblica Dominicana. È la notte caraibica del 30 Maggio 1961. Sotto le stelle inverosimili che illuminano quella parte di emisfero, quattro uomini attendono ansiosi ed insieme speranzosi che qualcosa accada lungo la strada che unisce Ciudad Truijllo a San Cristobàl. I suoni e le fragranze del Caribe cullano i loro ricordi e ciascuno di essi, durante l’attesa, ripercorre il tratto di esistenza che li ha portati a ritrovarsi tutti e quattro in quella macchina. Il tempo si dilata e la notte del 30 maggio 1961 lentamente si dissolve, lasciando lo spazio onirico all’interno del quale i quattro percorsi individuali diventano ricordo collettivo e si saldano con quello dell’economista di successo, allora poco più che una bambina. Durante quella notte che dura molto più di una notte si disvela intanto un bestiario di personaggi che solo il subcontinente del possibile può rendere reali: l’Immondizia Vivente, il Costituzionalista Sbronzo, la Prestante Dama, l’Eccelsa Matrona. Tutti realmente esistiti, tutti così irreali come un Generale di dieci anni, alla cui promozione in pompa magna presenziarono davvero quarantadue delegazioni diplomatiche presenti a Ciudad Truijllo; una cerimonia che sembra uscita direttamente dalla pagine de L’autunno del Patriarca di Gabo Marquez, ma che invece si è realmente svolta verso la metà degli anni cinquanta. Inevitabilmente la farsa sfocerà nel dramma, via via che i sentimenti umani – sentimenti ordinari come l’amore, l’odio, l’ambizione, la generosità, la paura – vengono silenziosamente conculcati da un regime dittatoriale sanguinario e diventano inevitabilmente paradossali. I percorsi individuali sfociano nell’abiezione, tanto più inumana quanto più essa è vissuta come ineluttabile e quasi naturale conseguenza della più generale abiezione dove viene condotto l’animo umano quando gli uomini si limitano ad esistere senza vivere. Solo la ragazza diventata donna di successo salderà i suoi conti con le vite che ha vissuto, ma ad un prezzo altissimo. Intanto alla fine il Caprone, dopo essere stato portato in processione, finirà sacrificato.

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