Non conosco Francesco Tripodi. So che il suo post su Il Reggino dello scorso primo maggio (https://www.ilreggino.it/cultura/2021/05/01/zaha-hadid-salvera-forse-la-periferia-di-reggio-calabria/) è un urlo di disperazione che compete con quello del celeberrimo dipinto di Edvard Munch. La sua città, che è anche la nostra Reggio, è affogata nel cemento per la cupidigia di pochi e la distrazione di tutti. “Ho i piedi immersi nella battigia di questo mare che, per me, non è più mare” scrive Francesco e ne comprendiamo perfettamente il senso anche noi che siamo quaranta chilometri di costa più a nord e che percorriamo, con qualche ritardo, lo stesso percorso di rovina. Il sentiero è tracciato. Saremo in grado di scantonare a un passo dal burrone? O invocheremo anche noi un nemico esterno, saraceno o piemontese, che serva a lenire la sofferenza, che ci aiuti a dare un senso alla distruzione di tanta bellezza?