Duncanville (Texas), Monterotondo (Italia), Napoli (Italia), Tucson (Arizona) e Messina (Italia) sono i luoghi di provenienza di 5 giovani talentuosi musicisti che si ritrovano, ognuno con la propria storia e la propria cultura, a Manhattan – a studiare precisamente alla Manhattan School of Music, fondata da Janet Daniels Schenck nel 1918, uno dei primi conservatori degli Stati Uniti a riconoscere l’importanza del jazz come forma d’arte e ad istituire dei corsi di laurea specifici. La MSM, oggi, è riconosciuta per i suoi circa mille studenti di eccezionale talento che provengono da più di 50 paesi del mondo e da quasi tutti i 50 Stati americani, con insegnanti di fama mondiale ed ex allievi ormai musicisti pluripremiati, con programmi dedicati allo sviluppo personale, artistico ed intellettuale di aspiranti musicisti. Ed è proprio alla MSM che si incontrano la cantante Imani Williams da Duncanville, il pianista Antongiulio Foti da Monterotondo, il batterista Marcello Cardillo da Napoli, il contrabbassista Dylan Holly da Tucson ed il sassofonista Nicola Caminiti da Messina. Di Antongiulio Foti – di radici palmesi – che ho il piacere di conoscere personalmente e che abbiamo ospitato alla prima edizione della Festa del Circolo Armino, sappiamo anche che ha già suonato in importanti rassegne jazz italiane e che è appena uscito per AlfaMusic il suo primo cd “Hold Fast”, con la prestigiosa collaborazione di due grandi nomi del Jazz italiano: Jacopo Ferrazza al contrabbasso ed Ettore Fioravanti, storico batterista del quintetto di Paolo Fresu, e con la partecipazione straordinaria della cantante Daniela Spalletta e di Rosario Giuliani al sax. Il sassofonista Nicola Caminiti ha alle spalle presenze in festival e club jazz di fama mondiale, musicista e compositore considerato tra le figure musicali di spicco della sua generazione. Anche Marcello Cardillo, Dylan Holly e Imani Williams, nonostante la giovane età, fanno già parte della nuova generazione jazzistica ed hanno calcato palcoscenici di un certo rilievo; sono tutti e cinque giovani studenti, vincitori di borse di studio, che stanno mettendo il loro talento a disposizione di eccezionali maestri per approfondire lo studio dello strumento e che, certamente, tra qualche anno avremo modo di apprezzare anche su palchi molto importanti. Ho avuto la fortuna, grazie alla “dritta” datami dall’amico Mimmo Gagliostro, di ascoltarli “live” il 13 febbraio scorso in una performance per il Jazz ComboFest con la “BAM’N (Billy, Abbey, Mary Lou, Nina) Ensemble” (vi consiglio di ascoltarli cliccando sul link https://www.msmnyc.edu/livestream/combofest-rosenthal/ ): 46 minuti di ottima musica e tanto groove, con un repertorio molto interessante – un omaggio a grandissime voci femminili del jazz – e politicamente impegnato, come “Freedom Day” – brano di apertura del concerto, composto nel 1960 da Max Roach e dal poeta Oscar Brown Jr. dedicato alla lotta contro le ingiustizie sociali, pezzo di protesta e registrazione jazz più apertamente politica dell’epoca. A seguire hanno suonato la versione di Nina Simone della malinconica “Willow Weep for Me” – brano scritto nel 1932 da Ann Ronell – per poi passare a “Open the Door” – canzone popolare scritta da Betty Carter nel 1964 – e “Long as You’re Living” – brano scritto da Tommy Turrentine e Julian Priester, parole del poeta Oscar Brown Jr. ed inciso per la prima volta da Abbey Lincoln nel 1959. Poi troviamo “Black Christ of the Andes” della First Lady del Jazz, la straordinaria pianista Mary Lou Williams, uno spiritual corale riarrangiato per l’occasione dalla nostra Imani Williams. Per chiudere con l’iconico inno alla libertà “Hymn to Freedom” di Oscar Peterson collegata a “I wish I Knew How it Would Feel to be Free” di Billy Taylor riarrangiate da Antongiulio Foti. Come abbiamo visto la scelta del repertorio non è casuale, sono tutti brani eseguiti in passato da straordinarie interpreti femminili del jazz – alcuni pezzi ci ricordano la necessità di ritrovare l’unità e l’uguaglianza che appare persa di vista nel nostro mondo diviso e frammentato. Libertà da ritrovare, questo è l’auspicio, anche dalla dannata pandemia che ha costretto i nostri cinque musicisti a suonare, per motivi di sicurezza, con le mascherine e con la pellicola applicata sulla campana del sassofono. Non poter vedere e godere, oltre che della musica, anche delle espressioni del viso dei musicisti è una cosa che mi ha rattristato parecchio ma sono sicuro che sotto la mascherina i “nostri” ci hanno dato dentro davvero. So che è difficile stare su un palco a suonare, guardare la platea vuota e non sentire applausi! Comunque adesso, sto applaudendovi … Grazie ragazzi!!!
Buon ascolto su https://www.msmnyc.edu/livestream/combofest-rosenthal/
Francesco Braganò
Una recensione del concerto di questi giovani talentuosi scritta con amore e con l’anima. Si percepisce la tua ricerca che sta dietro ad ogni brano, la tua capacità critico-musicale e il tuo interesse per le nuove generazioni mossi dalla passione per il jazz e direi per la musica in generale.
Ti ringrazio Mimmo … la bravura dei giovani musicisti ed il loro disagio di dover suonare senza pubblico e con le mascherine mi hanno spinto a scrivere questo articolo. Mi sono piaciuti molto ed era doveroso tributare loro un meritato applauso!