Monsieur Klein
FRANCIA, ITALIA – 1976
Robert Klein (Alan Delon), un alsaziano di agiata famiglia, approfitta delle vessazioni operate dalla Francia collaborazionista di Petain contro gli ebrei, per aumentare il proprio patrimonio di quadri ed altre opere d’arte. Una mattina si vede recapitare il giornale della comunità ebraica, che reca sulla fascetta la stampigliatura del suo nome. Informa la Prefettura e viene così a conoscere l’esistenza di un suo omonimo, ricercato dalla polizia perchè semita. Robert riesce a scoprire la stanza che il ricercato aveva prima in affitto. Intanto però i sospetti della prefettura cadono proprio su di lui. Gli si chiede di provare che nessuno dei suoi antenati era ebreo. Il suo avvocato Pierre trova un acquirente di tutti i suoi beni e gli consegna un passaporto, con il quale possa tranquillamente emigrare. Proprio partendo, Robert individua la donna, che era stata compagna del suo omonimo. Ella si era fatta passare sotto vari nomi, Katie, Françoise, Isabelle… Da lei riesce a sapere che il suo amico ebreo, in realtà, è sempre restato allo stesso indirizzo, sotto la complicità della portiera. Proprio nel momento in cui il suo avvocato ha in mano tutti i documenti per allontanare da lui ogni sospetto, il protagonista si trova accanto ed altri ebrei, nello stesso vagone piombato in partenza verso la Germania.
Regia: Joseph Losey
Attori: Alain Delon – Mr.Klein, Jeanne Moreau – Florence, Francine Bergé – Nicole, Juliet Berto – Jeanine, SuzanneFlon – Portinaia, Massimo Girotti – Charles,marito diFlorence, Michael Lonsdale – Pierre,avvocato di Klein, Dany Kogan – Michelle, Fred Personne – Commissario, Gérard Jugnot – Fotografo, Jean Bousie – Il venditore, Michel Aumont – Funzionario della prefettura, Louis Seigner – Padre di Robert Klein,
Soggetto: Franco Solinas
Sceneggiatura: Franco Solinas, Fernando Morandi
Fotografia: Gerry Fisher
Musiche: Pierre Porte, Egisto Macchi – “Kindertotenlieder” di Gustav Mahler
Montaggio: Michèle Neny, Marie Castro-Vazquez, Henri Lanoë
Scenografia: Alexandre Trauner
Costumi: Colette Baudot, Annalisa Nasalli Rocca
Effetti: Georges Iaconelli
Durata: 125′Colore: CGenere: DRAMMATICO
NOTE
– COSTA-GAVRAS HA COLLABORATO ALLA SCENEGGIATURA, NON ACCREDITATO
– PREMIO CESAR -1977: MIGLIOR FILM, MIGLIOR REGISTA, MIGLIORE SCENOGRAFIA
NOTA CRITICA- INFORMATIVA
Il nome del regista Joseph Losey, iscritto nella famigerata Lista nera del senatore McCarthy insieme ad altri suoi colleghi, musicisti, scrittori, cantanti, attori con la grave accusa di antiamericanismo, è legato ad autentici capolavori come Per il re e per la patria, Il servo, L’incidente, Messaggero d’amore, film girati in Europa dopo aver abbandonato gli Stati Uniti d’America ed auto- esiliatosi in Inghilterra per poter lavorare. Mr. Klein, presentato in concorso nel 1976 al Festival di Cannes dove fu completamente ignorato, è un film ambientato durante la persecuzione degli ebrei nella Francia collaborazionista occupata dai nazisti, e racconta la storia di un cinico mercante d’arte che, per scagionarsi dall’accusa di essere ebreo, insegue le tracce di un suo misterioso omonimo giudeo ricercato dalla polizia nella Parigi del 1942. La prima sequenza del film, dove si vede una donna nuda sottoposta brutalmente e disumanamente a una visita medica per appurare l’appartenenza a una razza non ariana, e la sequenza finale del rastrellamento degli ebrei e del loro ammassamento al Velodromo d’Inverno a Parigi potrebbero fare pensare che il tema principale del film sia l’antisemitismo e la deportazione degli ebrei nei campi di concentramento nazisti. Quello che, invece, emerge chiaramente dalla visione della pellicola, e possiamo considerarlo l’argomento principale, è la curiosità e il desiderio che nasce in Mr. Klein di conoscere l’altro da sé per capire se c’è qualcosa nell’omonimo sconosciuto che possa trovare o ritrovare in se stesso, qualcosa che a lui manca. Questa ossessione alla ricerca dell’identità perduta trascinerà fatalmente Mr. Robert Klein verso la disfatta e la distruzione finale. Che il film abbia un’impronta kafkiana è sottolineato da tutti i critici. In particolare Michel Sineux aveva scritto su “Positif” che “il film di Losey accumula gli elementi delle tre opere più importanti di Kafka: la «Metamorfosi» appunto, che è quella di Klein che a poco a poco diventa altro da sé, passa dietro quel famoso specchio in cui fin dall’inizio si guardava; il «Castello», che è appunto quello della continua ricerca di un punto fermo e di un luogo di spiegazione; il «Processo», che è quello cui Klein si sente sottoposto e perseguitato per tutto il tempo”. Il film enuclea, oltre la ricerca sempre più energica da parte di Klein nei confronti del suo doppio e la sua stessa impotenza a modificare il corso degli eventi che lo riguardano, anche il rapporto fra l’individuo e la Storia. Sotto quest’aspetto può essere considerato un film politico. Nella Francia del governo di Vichy, dove il crimine si identifica con la natura antisemita e razzista dello stato, l’impassibile Klein, predatore e ricco aristocratico collezionista di quadri, rimane indifferente al destino della comunità ebraica. Tutto questo ce lo ricorda la seconda sequenza dove assistiamo al dialogo fra Klein e il venditore del quadro, quasi sicuramente un ebreo, che cerca, vendendo un prezioso quadro, di raccogliere i soldi necessari per poter abbandonare la Francia collaborazionista. Losey sembra volerci raccontare cosa accade quando si è indifferenti al destino degli altri, quando di se stessi si dice: “Io non sono ebreo, né cristiano o musulmano, né zingaro o nero: queste categorie non mi appartengono”. E qui mi ritorna in mente quel famoso sermone del pastore luterano e teologo tedesco Martin Niemoller “Prima di tutto vennero a prendere gli zingari, e fui contento…Un giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a protestare“. Mr. Robert Klein, da un giorno all’altro, nonostante sia ricco e potente, viene trascinato in un gorgo che lo intrappola e inghiotte, e questo può accadere a chiunque, qualunque sia il posto che occupi nella società. La regia di Losey, abbastanza asciutta e rigorosa, si basa sulla stupenda sceneggiatura di Franco Solinas. Il regista riesce a sdoppiare incredibilmente il personaggio, a farci percepire visivamente e moralmente l’angoscia dell’individuo posto dinnanzi ad un’altra immagine di se stesso. Splendida fotografia di Gerry Fisher e magistrale interpretazione di Alan Delon nei panni di un personaggio controverso, insensibile, arrogante, ripugnante, che forse cerca una catarsi condividendo il destino delle vittime di cui si era approfittato con i suoi affari. Potremmo sostenere che Mr. Klein, uno dei film più affascinati nella carriera di Losey, sia la storia dell’ossessione di un uomo e della sua autopunizione.
Mimmo Gagliostro – 27 gennaio 2021
Gran bel film, non c’è dubbio. Avvincente e problematico. Perfetta, a mio avviso, l’analogia kafkiana.