Bronte: cronaca di un massacro
ITALIA, JUGOSLAVIA – 1972
A Bronte, una cittadina del catanese, all’indomani della conquista dell’isola da parte di Garibaldi, il Circolo dei civili cercava di adattarsi alla nuova situazione politica, cercando di mantenere inalterati i privilegi dei “cappelli”. Il liberale avv. Lombardo (Ivo Garrani), insediatosi nel municipio con l’incerta autorità conferitagli dal governatore di Catania, cercava inutilmente di frenare la rivolta popolare contro il latifondo e di cominciare un lavoro di riorganizzazione all’insegna della giustizia e dell’uguaglianza. L’ardore dei “picciotti” e la veemenza del carbonaro Gasparazzo (StojanArandjelovic) avevano, però, il sopravvento e in poco tempo mietevano 16 vittime. Bixio (Mariano Rigillo), preso dai preparativi per lo sbarco in Calabria, non poteva lasciare focolai di rivolta alle sue spalle e si recava a Bronte con un forte contingente di garibaldini. Deciso a dare all’intera Sicilia un esempio salutare, faceva arrestare 150 persone e istituiva un tribunale militare con l’incarico di processare in una giornata i cinque maggiori indiziati, fra i quali l’avv. Lombardo e lo “scemo del paese”. Un processo sommario condannava gli imputati alla fucilazione che avvenne all’alba del 10 agosto 1860
Regia: Florestano Vancini
Attori: Ivo Garrani – Nicola Lombardo, Mariano Rigillo – Nino Bixio, Miodrag Loncar – Rosario Leotta, Ilija Dzuvalekovski–Nunzio Cesare, Filippo Scelzo –padre Palermo, Rudolf Kukic–Ignazio Cannata, Andjelko Stimac – Sebastiano De Luca, Loris Bazzocchi – Longhitano Longi,Slobodan Dimitrijevic – Nunzio Sampieri, Stojan Arandjelovic – Gasparazzo, Mico Cundari – Padre Biusio,Zvonimir Jelacic – Nunzio Spitalieri, Giuliano Petrelli – Ciraldo Frajunco,Janez Skof – Rosario Aidala, Bert Sotlar – Arcangelo Attinà
Soggetto: Benedetto Benedetti , Fabio Carpi, Florestano Vancini
Sceneggiatura: F.Vancini, Leonardo Sciascia, , NicolaBadalucco, Fabio Carpi
Fotografia: Nenad Jovicic
Musiche: Egisto Macchi
Montaggio: Roberto Perpignani
Scenografia: Mario Scisci,
Costumi: Silvana Pantani
Durata: 109′ Colore: C Genere: STORICO
Produzione: ALFA CINEMATOGRAFICA (ROMA) RAI RADIOTELEVISIONE ITALIANA HISTRIA FILM (CAPODISTRIA)
Distribuzione: CIC
NOTA CRITICA – INFORMATIVA
«Sciorinarono dal campanile un fazzoletto a tre colori, suonarono le campane a stormo, e cominciarono a gridare in piazza: Viva la libertà»
(Novella ”Libertà” di Verga)
Nel 1972 vede la luce Bronte: cronaca di un massacro che i libri di storia non hanno raccontato di Florestano Vancini, uno dei più interessanti registi della sua generazione. La genesi del film è spiegata dal regista in un incontro organizzato dall’ANAC (Associazione Nazionale Autori cinematografici). Vancini dichiara: «Negli ultimi anni del Liceo ebbi un grande amore per Verga che ho studiato, coltivato, approfondito. Ricordo che un racconto, “Libertà”, in cui l’autore narra di una rivolta contadina in un paese imprecisato, di un processo che segue a questa rivolta …, mi colpì. Solo dopo la guerra arrivai a scoprire che in quella novella Verga aveva raccontato a modo suo la rivolta di Bronte». Il film, che si avvalse della collaborazione alla sceneggiatura di Leonardo Sciascia, raccontava una vicenda drammatica, ricorrente di continuo nella storia umana, tale da coinvolgere in sé, il rapporto tra la politica e la morale, il senso autentico della libertà, la responsabilità etica e politica collettiva e individuale, il progetto politico a cui si ispira e le sue contraddizioni. Paradigma di queste contraddizioni è il più intransigente dei generali garibaldini, Nino Bixio, il cui concetto di libertà non collima con quello dei rivoltosi.

Mentre i contadini, che avevano accolto Garibaldi come un liberatore, speravano in una distribuzione delle terre e in una maggiore giustizia sociale, Bixio rappresentava gli angusti orizzonti sociali del movimento garibaldino. Il braccio destro di Garibaldi, duro e risoluto, non si preoccupava di capire le ragioni della rivolta che muovevano i contadini al grido “Viva la libertà”, d’altronde non poteva essere altrimenti dato che la conquista militare della Sicilia fu resa possibile da un compromesso con i possidenti agrari, cui si garantiva il sostanziale mantenimento del potere politico ed economico. La rivolta, che non poteva non essere feroce e sanguinaria stante le ragioni drammaticamente sintetizzate nella scena che precede i titoli di testa, in cui un contadino e suo figlio, sorpresi a tagliare legna, vengono frustati a sangue dai campieri al servizio del proprietario del terreno, veniva repressa senza pietà, “pacificando” il paese: per Bixio, davvero «il fine giustifica i mezzi», indipendentemente dal fatto che a morire possano essere degli innocenti. La pellicola attraverso i tre personaggi principali Bixio, l’avv. Lombardo e Gasparazzo mette in luce i limiti di tutte le forze in gioco: i garibaldini incapaci di rispettare le promesse fatte ai contadini; i liberali riformisti, presi dal loro velleitarismo in un contesto di arretratezza e sfruttamento delle plebi, pochi e insufficienti; i contadini e i carbonai privi di una teoria e di un progetto rivoluzionario (Gasparazzo: «Santo diavolone! E come si fa a fare la rivoluzione contro i «cappelli» se chi la comanda è un «cappello?», riferendosi all’avv. Lombardo) senza concreti sbocchi politici. Quello che Vancini realizza è un film aspro e teso, che sconvolge e coinvolge: il paesaggio e le ambientazioni, l’impiego del dialetto, l’uso del montaggio, con stacchi netti, il largo uso dei primi e primissimi piani dei personaggi principali – tra orgoglio e barbarie – e anche la stessa messa in scena della violenza ne fanno un film di non eccessiva stilizzazione anche se possiede una forza impressionante. E se affiora inevitabilmente uno spirito didascalico, ciò è dovuto all’intento del regista e dei suoi collaboratori. Va marcata l’importanza della musica che accompagna le scene in cui s’avverte maggiormente la paura dei personaggi di fronte all’avvicinarsi o manifestarsi dei drammatici eventi. L’opera ebbe un modesto successo e alla sua apparizione suscitò aspre critiche. La destra patriottarda gridò allo scandalo accusando Vancini di infangare il Risorgimento, mentre l’autorevole critico di sinistra Guido Aristarco lo accusò di aver mostrato i contadini “brutti sporchi e cattivi”, come se i contadini meridionali nel 1860, che venivano da secoli di umiliazione e di sfruttamento bestiale, potevano essere diversi. Altri, come gli extraparlamentari di sinistra, che avevano eletto Gasparazzo come simbolo della rivoluzione, lo accusarono di moderatismoper le simpatie nei confronti dell’avv. Lombardo, il quale cercava di dare uno sbocco non sanguinoso alla rivolta. Il film, che ha avuto una storia travagliata, negli ultimi anni ha avuto una certa diffusione nelle scuole, come materiale didattico utile alla comprensione del Risorgimento. Risorgimento che per molto tempo è stato raccontato come una magnifica epopea e che da un po’ la canea neoborbonica, svilendo il senso della storia, racconta solo come una sequenza di infamie. Tesi assolutamente da respingere. Il film lo troverete su Youtube. Buona visione.
Mimmo Gagliostro
Un bravo regista come Vancini avrà certamente voluto raccontare quella storia immergendosi in quel passato; cosa che, stando ai giudizi qui riportati, non è riuscita ai suoi critici di ogni parte politica che hanno piuttosto colto l’occasione per una nuova propaganda.
Se la critica proveniente da destra è comprensibile, quello che stupisce è il violento attacco da sinistra. Vancini, uomo di sinistra, si è limitato a ricostruire la verità storica documentandosi minuziosamente. Angelo Solmi, su “Oggi” l’ha attaccato per aver descritto Bixio in maniera dura e crudele. Ma basta leggere il taccuino o le lettere alla moglie per inquadrare il personaggio. Guido Aristarco, critico marxista, lo accusa invece di rappresentare i contadini come uomini rozzi e violenti, arrivando a dire che la verità storica non esiste. Solamente Mino Argentieri su “Rinascita” e Jacques Nobécourt, critico di “Le Monde” lo difendono. Il fatto che il film, sicuramente non perfetto da un punto vista cinematografico, sia usato come materiale didattico nelle scuole testimonia la rivincita e l’onestà intellettuale di Vancini. Concludo facendo mie le parole di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo. <>.
Rizzo e Stella dicono: ” Bronte è il luogo simbolo del tradimento delle plebi meridionali da parte di troppi poteri: la Chiesa, i Borboni, i garibaldini pressati dalla Gran Bretagna, i Savoia”