
La morte corre sul fiume
USA – 1955

Virginia Occidentale, anni trenta. Ben Harper (Peter Graves), condannato a morte per una rapina in banca di 10.00 dollari finita in tragedia, ha nascosto il frutto della sua azione criminale a casa, facendo promettere ai suoi figli John (Billy Chapin) e Pearl (SallyJane Bruce) di non dire a nessuno dove è il nascondiglio, nemmeno alla loro madre, Willa (Shelley Winters). Mentre Ben si trova in prigione in attesa di essere impiccato, conosce il “Reverendo” (Robert Mitchum), un fanatico religioso arrestato per un furto d’auto. Costui, venuto a conoscenza della rapina in banca e del relativo bottino, tenta inutilmente di far svelare a Ben il nascondiglio del denaro. Ben viene giustiziato e quando il “Reverendo” viene scarcerato raggiunge casa Harper, dove riesce a sedurre la vedova Willa e a sposarla, avendo come unico scopo quello di recuperare il denaro. Ma quando la donna si rende conto di chi sia in realtà il suo nuovo compagno, la situazione diventa preoccupante e pericolosa per lei e i suoi figli.
Regia: Charles Laughton
Attori: Robert Mitchum – Reverendo Harry Powell, Shelley Winters – Willa Harper, Lillian Gish – Rachel Cooper, James Gleason – Birdie Steptoe, Evelyn Varden – Icey Spoon, Peter Graves – Ben Harper, Don Beddoe – Walt Spoon, Billy Chapin – John Harper, Sally Jane Bruce – Pearl Harper, Gloria Castillo – Ruby
Soggetto: Davis Grubb – (romanzo) Sceneggiatura: James Agee Fotografia: Stanley Cortez Musiche: Walter Schumann Montaggio: Robert Golden Scenografia: Hilyard M. Brown Effetti: Louis DeWitt, Jack Rabin
Durata: 93′Colore: B/NGenere: DRAMMATICO
Tratto da: romanzo omonimo di Davis Grubb (ed. Adelphi)
Produzione: PAUL GREGORY PRODUCTIONS Distribuzione: DEAR (1955) Riedizione 2016
NOTE – È STATO SCELTO PER LA CONSERVAZIONE NEL NATIONAL FILM REGISTRY DELLA BIBLIOTECA DEL CONGRESSO DEGLI STATI UNITI (1992)
NOTA CRITICA -INFORMATIVA
Nel 1955 il grande attore inglese Charles Laughton, interprete indimenticabile del film Le sei mogli di Enrico VIII (1933) di Alexander Korda, con cui vinse l’Oscar come migliore attore protagonista, debutta alla regia con uno capolavoro assoluto, l’inquietante La morte corre sul fiume. Tratto dal romanzo di Davis Grubb “The night of the Hunter”, e sceneggiato magistralmente dallo scrittore James Agee, il film fu un clamoroso fiasco al botteghino, tanto che rimase l’unica opera del poliedrico attore. Con il trascorrere degli anni la pellicola venne ripresa, studiata ed esaminata diventando un classico senza tempo. La morte corre sul fiume è un film di difficile catalogazione poiché presenta una commistione di più generi che vanno dal noir al thriller, dal fiabesco al fantastico, e si presta a diverse letture di varia complessità che non si sovrappongono ma coesistono nella globalità della forma in cui sono addensate.

Il film è costruito su forti opposizioni: il mondo dell’infanzia e quello degli adulti, il BENE e MALE, il candore dei bambini e la malvagità del “Reverendo”, seducente predicatore, ostile nei confronti delle donne e sessualmente impotente. Nell’opposizione dei due fratellini al falso profeta Harry Powell (Robert Mitchum) vi sono molte tracce del mondo favolistico nordico, per intenderci quello dei fratelli Grimm. John e Pearl, moderni Hans e Gretel, in fuga dall’Orco – memorabile la sequenza della loro discesa del fiume con la bambina che canta la dolce ninna-nanna all’esausto e addormentato fratellino – sono portatori di un sistema valoriale antitetico, agendo da contraltare etico al profeta del male. La sequenza dove si vede John, di fronte al “Reverendo” gettato a terra dai poliziotti che lo ammanettano, scagliare il denaro sul suo corpo è esemplare. Da una parte il disprezzo per i soldi, dall’altra l’attaccamento allo “sterco del diavolo”. Amore e odio, BENE e MALE, simboli della dualità dell’animo umano, incarnati rispettivamente dall’anziana signora Cooper (Lillian Gish) e dal “Reverendo”, è l’altro forte contrasto che emerge dalla visione de La morte corre sul fiume. Entrambi leggono Bibbia, ma lo scopo per il quale viene letta non potrebbe essere più diverso. La signora Cooper accoglie amorevolmente fanciulli di ogni età e sesso rimasti orfani, nutrendoli e educandoli cristianamente, mentre Powell, avido di denaro, si serve per uccidere vedove sole. All’inizio del film lo si vede sull’automobile rubata, vestito di nero, dire: “Chi sarà la prossima, Signore? Un’altra vedova? Quante sono state, sei … o dodici? Non ricordo bene … Ho fiducia in te, Signore: tu non mi abbandoni, non mi fai mancare i mezzi per continuare la mia missione … Quante vedovelle con un bel gruzzolo nascosto nella calza … Ah, Signore, sono stanco: alle volte ho paura che tu non mi capisca. Non ti importa se uccido, vero? La Bibbia è piena di uccisioni, ma ci sono cose che tu odi, Signore: la corruzione, la lascivia, la gente profumata che s’inebria nel peccato”. Indimenticabile la scena nella quale si vedono la signora Cooper seduta sulla veranda col fucile sulle ginocchia e il “Reverendo” cantare lo stesso inno religioso “Leaning on the Everlasting Arms” con Powell che omette la parola Jesus. In La morte corre sul fiume vi è un’evidente critica al fanatismo religioso diffuso in molte zone rurali dell’America in piena Depressione economica. La petulante signora Spoon è il paradigma del puritanesimo e del fanatismo religioso così cupo e distruttivo che, ammaliata dal magnetismo del falso-profeta Powell, prima spinge Willa (Shelley Winters) tra le braccia del predicatore e poi, quando si sente tradita, incita gli ipocriti abitanti della cittadina, armati e animati da una intransigenza morale senza fine, al linciaggio finale. Non può non essere considerata la misoginia che traspare nel film. Basta pensare al dialogo tra Ben Harper e John quando il padre, ritornato a casa per nascondere il denaro, fa promettere al figlio di non svelare il nascondiglio a nessuno, nemmeno alla madre. John chiede perché non debba rivelare alla madre dov’è nascosto il denaro e Ben Harper risponde lapidario:“Perché tu ragioni, lei no”. Anche la signora Cooper, che stigmatizza le facili infatuazioni delle donne per gli uomini, non è da meno quando dice che “le donne sono sciocche! Tutte. Guarda quella, io me ne accollerò le conseguenze”. Ella, comunque, rimane l’unico personaggio positivo, in contrasto con la signora Spoon, capace di guardare oltre le ammalianti parole e l’indiscusso fascino di Powell. A lei, peraltro, sotto un cielo stellato, circondata da alcuni bambini, spetta introdurre la pellicola recitando il passo evangelico, quanto mai premonitore: “Guardatevi dai falsi profeti, che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro son lupi feroci” e chiuderla in un appello rivolto non solo ai bambini ma a tutti gli uomini: “Signore, proteggi gli innocenti. Il vento e le piogge li flagellano, ed essi sopportano”. L’eccelsa fotografia di Stanley Cortez, che si rifà al cinema espressionista tedesco, offre delle immagini straordinarie in chiaroscuro dove il nero diventa spesso espressione stessa del terrore fatto di ombre e silhouette. Tra queste immagini ve ne sono alcune indimenticabili come quella di Powell a cavallo, in piena notte, visto in lontananza da John e Pearl nascosti in una stalla e quella in cui si vede la morta sott’acqua, con i capelli che fluttuano come se fossero alghe. La splendida musica di Walter Schumann sottolinea il senso di angoscia e inquietudine che guida le azioni del criminale. Memorabile, irripetibile, interpretazione di Robert Mitchum mai così odioso e ammaliante, misterioso e cupo che ha tatuato sulle falangi della mano destra la parola “LOVE” e su quelle della mano sinistra “HATE”. Gli tiene testa Lillian Gish, diva del cinema muto, che conferisce al proprio personaggio di indomita benefattrice e protettrice di bambini uno spessore unico. La morte corre sul fiume è un’opera di grande impatto visivo ed emotivo. Un capolavoro!
Mimmo Gagliostro – 11 novembre 2020
Bellissimo, tra i miei preferiti.
M è venuta voglia di vederlo! Grazie Mimmo!
Gentilissima Celia, non conoscevo questo film, ma conoscevo Charles Laughton, il regista, come interprete di interessanti film come “Testimone di accusa”, “Il caso Paradine” e l’ho apprezzato nel ruolo di Quasimodo nella pellicola “Notre Dame” di Dieterle. E’ stata una folgorazione. Un gioiello stilistico e narrativo, dove la musica e la fotografia giocano un ruolo fondamentale. L’ho rivisto tante volte e dico sempre ai miei cari amici, come Pino Ippolito Armino, che non si può non conoscere un capolavoro come questo.