Il decreto-legge 16 luglio 2020 n.76, meglio noto come “decreto semplificazioni”, prevede all’art. 21 l’esenzione da responsabilità amministrativa per i funzionari pubblici che cagionano danno all’Amministrazione a seguito di loro provvedimenti anche se gravemente colposi. Sono tali i provvedimenti caratterizzati da grave “negligenza, imprudenza ed imperizia nonché grave inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline”. Rimane dunque la sola responsabilità per dolo mentre quella per colpa viene espunta dal nostro ordinamento. La nuova disciplina, che avrà efficacia per un anno, è stata giustificata dal Governo per evitare che i funzionari pubblici non adottino provvedimenti per “paura della firma” cioè quel timore diffuso di azioni giudiziarie nei loro confronti con richiesta di risarcimento danni. La “paura della firma”, detta anche “burocrazia difensiva” è un fenomeno che, come si dirà, non è comunque ammissibile, ma intanto blocca l’azione dei funzionari e con essa i procedimenti amministrativi loro affidati. Tali procedimenti invece, se portati avanti, avrebbero effetti favorevoli rilevanti per il pubblico interesse e spesso sono di ingente valore economico (appalti, progettazioni, lavori pubblici, grandi forniture o servizi, ecc.). Il Governo, nella medesima norma, ha invece lasciato inalterata la responsabilità amministrativa per colpa grave ma solo per il caso di inerzia od omissione. Dunque, rimane la responsabilità per i fatti omissivi mentre viene tolta per quelli commissivi. La norma di cui all’art. 21 appare palesemente incostituzionale oltre che irragionevole e dannosa per i seguenti motivi.
1) Irragionevolezza e dannosità della norma
Prima del decreto il funzionario pubblico – tale intendiamo l’amministratore di ente pubblico, il dirigente e chiunque abbia un rapporto di servizio con l’Amministrazione pubblica a prescindere dalla qualifica, – rispondeva del suo operato per dolo o colpa grave (Legge Prodi n. 20/1994 art. 1) laddove per colpa grave s’intende, così come chiarito in modo costante dalla giurisprudenza della Corte dei Conti, “una sprezzante trascuratezza dei doveri professionali resa palese da un comportamento improntato alla massima negligenza o imprudenza, ovvero da una particolare noncuranza dei diritti e degli interessi da difendere ivi compresi quelli dell’ente di appartenenza”. Ora, per effetto del decreto, il funzionario pubblico sarà esente da tale responsabilità nonostante la sua azione abbia i descritti connotati di grave ed imperdonabile colpevolezza. Egli potrà firmare qualsiasi atto con la prospettiva di non essere sottoposto ad alcuna azione per danno erariale e conseguente risarcimento. La norma è irragionevole perché se è vero che da una parte rimuove la paura della firma, dall’altra introduce il principio opposto e più deleterio della irresponsabilità della firma, cioè la mancanza di assunzione di responsabilità per gli effetti del provvedimento. Il che è deplorevole perché i provvedimenti amministrativi, se non adottati con prudenza, diligenza e perizia possono creare effetti dannosissimi per la società e i cittadini che ne sono destinatari. Si pensi, per esempio, ad un appalto con prezzi abnormi o prestazioni incongrue e ciò non per dolo ma per negligenza di chi li ha istruiti od aggiudicati; si pensi ad opere pubbliche mal progettate o deliberate senza che apportino alcun beneficio ma anzi solo spreco ed inutilità; e così oltre per tutte le vaste materie, spesso con imputazioni di spesa milionaria, di cui si occupa la Pubblica Amministrazione.
2) Incostituzionalità della norma
La norma è anche palesemente incostituzionale perché contrasta con l’art. 97 della Costituzione il quale dispone che i pubblici uffici, e perciò soggettivamente i loro funzionari, garantiscono il “buon andamento” dell’Amministrazione. Tale buon andamento è sicuramente pregiudicato se i funzionari sono legittimati a non assumersi alcuna responsabilità per gli atti che sottoscrivono e perciò agire con negligenza, imprudenza od imperizia. Si tenga presente, fra l’altro, che i provvedimenti ammnistrativi sono atti con i quali i funzionari esercitano il potere pubblico (c.d.: esecutivo od amministrativo) che viene loro conferito dalla legge per incidere, anche unilateralmente, su diritti ed interessi di soggetti terzi (assunzioni, concessioni, autorizzazioni, divieti, ecc.), e, più in generale, sull’interesse pubblico che è lo scopo di ogni provvedimento (urbanistica, trasporti, ambiente, igiene e sanità, istruzione , ecc. ecc.). Sotto questo profilo la norma è incostituzionale perché in contrasto con l’art. 28 della Costituzione il quale, disponendo che i funzionari ed i dipendenti pubblici sono “direttamente responsabili per gli atti da loro compiuti” pretende invece la piena responsabilità degli stessi e non ammette sconsiderate esenzioni.
3) Altre considerazioni
La lista di ulteriori argomentazioni contro la novità legislativa qui in esame è piuttosto lunga per cui se ne dovrà fare sintesi.
3.1) Ingiustificatezza delle qualifiche e delle retribuzioni
Non si vede come possano continuare ad essere giustificate qualifiche e retribuzioni di amministratori o dirigenti pubblici se questi sono esentati dalla responsabilità amministrativa colposa. Sia le qualifiche che le retribuzioni sono infatti proporzionate alla responsabilità che ne deriva. Riducendosi questa non possono che ridursi anche quelle.
3.2) la paura della firma e la c.d. “burocrazia difensiva”
Il fenomeno della paura della firma, che porta alla c.d. “burocrazia difensiva” esiste ed è piuttosto diffuso. Esso può essere contrastato, fra l’altro, migliorando l’attività e la professionalità dei magistrati inquirenti che troppe volte svolgono l’azione giudiziaria senza che gli esiti delle inchieste diano poi ragione della necessità di tale intervento. Le statistiche al riguardo, specie in materia di abuso d’ufficio, sono significative ed i funzionari hanno ragione di lamentarsi.
3.3) Doveri del funzionario
Si può ritenere che il funzionario non debba comunque essere giustificato per la “paura della firma”. Infatti egli pospone l’interesse pubblico che deve perseguire all’interesse personale di non correre rischi di azione giudiziaria. Piuttosto egli deve istruire al meglio i propri provvedimenti, blindarli sotto il profilo della motivazione e così andare avanti. Sul punto si veda mio precedente articolo https://www.dirittoepersona.it/labuso-dufficio-il-danno-erariale-ed-il-problema-della-burocrazia-difensiva/
3.4) necessità di diversa scelta legislativa
3.4.1) Il Governo-Legislatore anziché introdurre questo esonero dalla responsabilità amministrativa colposa avrebbe potuto agire diversamente dando chiara esplicitazione di cosa si deve intendere in sede giudiziaria per “colpa grave” così come avviene nella legge sulla responsabilità civile dei magistrati dove l’azione di rivalsa è limitata a casi tassativi (es.: emissione di una sentenza di condanna per un fatto la cui esistenza è incontrastabilmente esclusa dagli atti del procedimento-art. 2 legge n. 117/88 sulla responsabilità civile dei magistrati). In questo modo sarebbe stata ridotta la eccessiva discrezionalità dell’inquirente o del giudicante nell’affermare l’esistenza o meno di tale presupposto.
3.4.2) Il Governo-Legislatore avrebbe anche potuto porre un tetto alla responsabilità patrimoniale del funzionario che in caso di colpa grave risponde illimitatamente con tutto il suo patrimonio al contrario di quanto accade per i magistrati che rispondono,anche per i casi più gravi, con una sanzione, peraltro risibile, pari nel massimo a sei mesi di retribuzione netta (ancora legge 117/88). Anche per i medici è stato introdotto un tetto massimo, fino al triplo della retribuzione lorda di un anno (legge Gelli–Bianco n. 24 del 9.3.2017 sulla responsabilità medica). Va pure detto che il funzionario pubblico il quale prima del decreto era al primo posto per esposizione al rischio di rivalsa nei suoi confronti perché ne rispondeva illimitatamente con tutto il suo patrimonio, ora passa all’ultimo rispetto a magistrati, medici ed altre categorie professionali, non dovendo più rispondere per le sue azioni colpose. Insomma si è passati da un eccesso all’eccesso opposto: da responsabilità illimitata a nessuna responsabilità.
3.5) Temporaneità della esenzione di responsabilità
Il Governo ha dichiarato che la scelta di rendere efficace per un anno la norma qui contestata è stata giustificata dalla necessità di rimuovere la burocrazia difensiva. Se questo era l’intento, che giustificazione ha il limite temporale di un anno? E a cosa serve un anno se le problematiche connesse a tale fenomeno non vengono risolte in modo serio e definitivo sicché dopo un anno il fenomeno torna tal quale era prima del decreto? Possono ammettersi sperimentazioni temporali su questo tipo di scelte così delicate? Oppure c’è dietroun intento di rendere permanente la norma se nessuno si oppone?
3.6) L’omissione e l’inerzia
Il decreto mantiene la responsabilità per colpa grave per l’omissione e l’inerzia del pubblico funzionario così implicitamente stabilendo che i fatti omissivi sono più pericolosi di quelli commissivi. In nessuna branca del diritto questo è riscontrabile perché il danno può essere ben più grave per un fatto commissivo che non per uno omissivo. Si rischia, in altri termini, che un dirigente che adotta un provvedimento che crea danni per milioni di euro non sia perseguito rispetto ad un altro che, per omissione od inerzia, cagioni danno erariale per pochi spiccioli. Francamente qui siamo alla schizofrenia legislativa.
4) Conclusione
Anche questa volta il legislatore ha cercato di risolvere i problemi della Pubblica Amministrazione attraverso scorciatoie ma senza affrontare adeguatamente il tema della burocrazia difensiva. E’ successo altre volte anche in altri ambiti: abolizione della prescrizione penale e “fine processo mai” anziché risolvere in modo permanente il nodo dei tempi irragionevoli del processo; aumenti costanti di sanzioni penali fino quasi alla tirannia penale per esigenze di adulazione popolare ma senza alcun effetto concreto riscontrabile; decreti sicurezza (recte: decreti Salvini) senza che siano risolti i veri problemi dell’immigrazione anzi aggravandoli. E così oltre.
Ma ciò che è più grave è che uno dei tre poteri dello Stato, quello amministrativo, per effetto di tale norma diventa ulteriormente inaffidabile data la legittimazione della irresponsabilità erariale di chi lo esercita nei vari livelli in cui esso si articola. Sono tempi molto duri per la legislazione italiana ed anche il problema qui discusso ne è prova evidente.
Avv. Ernesto Mancini
Verona, 18 ottobre 2020
Assurdo, certo. La semplificazione sembra sfuggire al più semplice dei suoi obblighi: l’aderenza a quello che gli inglesi chiamano common sense e noi “semplicemente” buon senso.